‘Misure ragionevoli, le Pmi non devono temere nulla’
È con il voto decisivo della sua presidente, Christine Bulliard-Marbach (Ppd), che la commissione preparatoria del Nazionale ha approvato il progetto volto a introdurre l’obbligo di analisi sulla parità salariale nelle grandi imprese. La friburghese si dice «molto positiva»: «Sappiamo di avere dei voti anche tra le don- ne Plr, ad esempio»; e per il Ppd questo è «un dossier prioritario» («siamo unanimi, ci saranno al massimo un paio di astenuti»). Per cui questa proposta «ragionevole» potrebbe alla fine superare anche lo scoglio della Camera del popolo.
Un progetto ‘soft’: serve a qualcosa?
Sì, è molto soft. Abbiamo discusso a lungo della soglia che farebbe scattare l’obbligo. Il compromesso – 100 dipendenti – permetterà di sensibilizzare anche le imprese che ne hanno di meno. Credo che porterà qualcosa di positivo. Si tratta semplicemente di far emergere questo 7,5% di divario salariale uomo/donna che non trova spiegazione, diversamente dalla disparità retributiva dovuta a fattori come la formazione, l’esperienza ecc.
Nessuna sanzione, meno dell’0,1% delle imprese interessate: il progetto è poco incisivo, la sua portata limitata.
È vero, nessuna sanzione. Si fa appello alla responsabilità individuale delle imprese, che comunque dovranno informare i loro dipendenti. E poi parliamo del 45% dei lavoratori, non è poco. Le piccole e medie imprese (Pmi) non devono temere nulla; quelle che hanno più di 100 impiegati dispongono già degli strumenti necessari per svolgere queste analisi.
Il presidente dell’Usam, che rappresenta le Pmi, è molto preoccupato.
Molte imprese già fanno molto in questo senso, e non devono preoccuparsi. Tanto più che se la prima analisi dimostra che tutto è in regola, non ce ne sarà un’altra. Inoltre, le modifiche di legge hanno una durata limitata a 12 anni. Ma quale “mostro burocratico”! Per l’economia questo progetto è casomai un’opportunità per lanciare un segnale: ‘Vedete, siamo in regola’ dal profilo della parità.