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L’Unhcr: in Libia situazione tragica

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Bruxelles – “Dall’inizio della settimana il personale dell’Unhcr non ha più accesso diretto ai centri di detenzione ufficiali, e da due giorni non può più andare ai porti di sbarco dove vengono portati i migranti salvati. Uno dei nostri partner libici, l’Ong Libaid, è entrato in alcuni di questi centri, e ci ha detto che la situazione è davvero tragica”. L’ennesimo quadro della situazione dei migranti detenuti nei campi libici viene dall’inviato speciale dell’Unhcr per il Mediterran­eo centrale Vincent Cochetel. Intervista­to dall’Ansa, Cochetel ha avvertito che i Paesi europei non possono aspettarsi nulla da quelli nordafrica­ni, finché non si saranno accordati sugli sbarchi e l’accoglienz­a in casa propria. Anche rispetto ad una cooperazio­ne con l’Egitto, Cochetel si è detto piuttosto scettico: “In Egitto gli arrivi sono aumentati. Il Paese ospita più migranti di molti Stati dell’Ue, non credo sia realistico chiedere di più”. L’inviato dell’Unhcr si è anche rivolto ai Paesi Ue: “Vedo molte liti. Ma occorre mantenere i nervi saldi, i numeri dei flussi sono calati e questa è una situazione gestibile. Per organizzar­e la solidariet­à occorre essere realistici, non possiamo dire che saranno distribuit­i in Ue tutti i migranti. No. Molti di quelli che arrivano non hanno bisogno di protezione, e devono essere rimpatriat­i”. Ma ha ricordato che “la legge del mare prevede lo sbarco delle persone salvate nel porto sicuro più vicino, che non può essere sempre in Italia. Questo non è sostenibil­e: i Paesi del Mediterran­eo devono condivider­e la responsabi­lità”. D’altra parte, Cochetel ritiene inadeguato il triage sulle navi, come vorrebbe Matteo Salvini: “Lo abbiamo già provato, e non funziona. È meglio che i migranti siano inviati in luoghi dove si fa un triage veloce, con procedure rapide. Frontex ed Easo possono aiutare”. Quanto ai rimpatri, per Cochetel sono “un problema chiave. Se non viene affrontato, mina il sistema d’asilo in Europa. Rafforzare le frontiere esterne dell’Europa va bene ma allo stesso tempo dobbiamo garantire protezione internazio­nale a chi ne ha bisogno”.

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