Il dibattito, la scuola e la luce dei problemi
Il dibattito sulla scuola che verrà – qualunque sarà il risultato della votazione – ha permesso di raggiungere un grande obiettivo: l’apertura di un cantiere sulla scuola dell’obbligo e, con esso, il superamento di alcuni dogmi sbagliati. Ma andiamo con ordine. “... molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità” (Alexis Carrel, Nobel per la medicina nel 1912) e qui, serve solo un’attenta osservazione per capire un dato certo. La nostra scuola dell’obbligo ha diversi problemi – dobbiamo ammetterlo – riguardanti soprattutto la scuola media, che ne è il perno centrale: laddove cioè avviene una forma di selezione. La selezione, lo dice il termine, determina la qualità, e se non funziona o è oggetto di errori, può facilmente rivelarsi fonte di problemi piuttosto che uno strumento in favore degli allievi. Oggi, la nostra scuola media non funziona più nel migliore dei modi: per tre semplici ragioni. 1. Sceglie il futuro degli allievi a 12/13 anni, quando gli allievi non dimostrano certo le proprie vere competenze. 2. Tiene conto in modo esagerato del rendimento in tedesco e matematica (i livelli) quando tedesco e matematica non sono certo il metro della misura delle capacità dell’allievo, anzi, così facendo si va a discriminare chi ha talenti nelle altre materie (come scienze, italiano, storia, geografia), materie che – ai sensi del sistema attuale – sono quasi considerate di serie “b”: quando in realtà – di certo – non lo sono. 3. La selezione avviene poi in un’età in cui tanto dipende dalla famiglia in cui ci si ritrova: chi è figlio di una famiglia povera e dal basso livello culturale, rischia di finire nei livelli “b”
(…) e di vedersi quasi preclusa la possibilità del liceo. Ma dirò di più: di questo malfunzionamento abbiamo anche la “prova provata” visto che talvolta quasi il 30% di chi esce selezionato per i livelli “A” e per il liceo, poi al liceo non ce la fa (con spese enormi a carico dello Stato e grandi delusioni nelle famiglie). E se un sistema non funziona più nel migliore dei modi, per il bene dei nostri figli, va veramente riformato. Per questa ragione sarebbe stato interessante – e lo si poteva iniziare magari già una decina di anni fa (perché i problemi sono noti) – vedere (o almeno testare) alcune modifiche ed aprire un vero cantiere per capire in quale modo si possa fare meglio l’interesse dei nostri figli. Un cantiere attorno ad un sistema che, forse, è superato dai tempi e che – in passato, per tanti anni – è stato modellato da riforme grandi e piccole – ma anche (e questo negli anni più recenti) da cerotti pasticciati qua e là per una più recente ritrosia al cambiamento – per rincorrere sempre ed in qualche modo lo scorrere del tempo e le evoluzioni sociali o presunte tali (spesso, diciamolo, inciampando magari anche nei propri stessi presupposti). Un sistema che, invece, oggi – alcuni, anche se pochi – vorrebbero quasi mantenere invariato e costante di fronte all’emergere inesorabile di problematicità chiare. Ciononostante, non deve preoccupare più del dovuto l’esito della votazione sulla sperimentazione della “scuola che verrà” e del modello alternativo proposto dal Gran Consiglio (che io ho votato dopo lunghi mesi di lavori ed analisi) – una votazione che pare oggi propendere verso un chiaro No – in quanto l’obiettivo, in Parlamento e fuori, per quanto mi riguarda, era quello di aprire finalmente un varco nella coltre semi-granitica del modello scolastico attuale: per aprire la via a ripensamenti, limpidi, seri e sostanziali. In questa campagna, in questa discussione, quasi tutti – consciamente o meno – sono stati condotti ad ammettere pubblicamente che la nostra scuola va migliorata, va riformata entro certi gradi: dalla destra alla sinistra, dai contrari ai favorevoli alla sperimentazione. Il tutto, in un dibattito dal quale sono emersi argomenti molto seri e nel quale ha fatto capolino – finalmente – l’analisi attenta (quasi una radiografia) di quelle che per alcuni sono le colonne portanti della nostra scuola. In tal senso, ricordo con grande piacere quando – ormai quasi due legislature fa – in Gran Consiglio, da giovane presidente della Commissione Scolastica, mi trovai in minoranza (anche se mancavano veramente pochi voti) a sostenere che i livelli dovessero essere superati e sostituiti da metodi più seri, esaustivi e rappresentativi delle vere capacità dell’allievo. Oggi, quasi tutti – finalmente – hanno ammesso la necessità di superare un sistema simile: che dimostra i suoi chiari malfunzionamenti. E tutto ciò non sarebbe stato possibile se non tramite questo grande dibattito. Una cosa che non può che essere un segno chiaro e tangibile di come vi sia una volontà condivisa di migliorare la scuola. I cittadini, a riguardo di questa sperimentazione, votino quindi (ci si ricordi che è impor- tante farlo) secondo la propria coscienza, secondo le proprie idee: infatti, comunque andrà, si è finalmente aperto un grande cantiere attorno al sistema scolastico ticinese e – con ciò – un obiettivo molto importante è già stato raggiunto. Il tutto, mettendo sempre al centro – secondo le diversissime sensibilità – la tutela degli interessi degli allievi. Ovvio è che una riforma strutturale è oggi – più che mai – veramente necessaria: che ciò avvenga tramite i risultati di questa sperimentazione o che ciò avvenga tramite nuovi futuri correttivi derivanti da questa gigantesca discussione pubblica (che ha posto la scuola al centro della politica, riconoscendole il suo ruolo propulsore per le future generazioni): alle parole dovranno comunque far seguito i fatti. Un’esperienza partecipativa simile era stata vissuta con la votazione popolare concernente la civica (dove gli animi si erano forse fin troppo surriscaldati: giungendo comunque ad una soluzione ragionevole di compromesso), e ora, continua grazie a questo dibattito.