Storie in bottiglia
Intervista al professor Attilio Scienza, tra i maggiori esperti mondiali di viticoltura Non può esistere un vino naturale, ci spiega Scienza che sarà ospite domenica di Borgovecchio. Il vino è prodotto dell’uomo e delle sue storie…
Il vino racconta una storia: «Al di là delle doti organolettiche, bisogna dare dei contenuti» ci spiega il professor Attilio Scienza, tra i maggiori esperti mondiali di viticoltura. Scienza sarà ospite, domenica pomeriggio, della Borgovecchio vini di Balerna per la giornata conclusiva, che inizierà già alle 10.30, dei festeggiamenti per i 40 anni dell’azienda (info:
Professor Scienza, è così importante lo storytelling? Se penso al vino, la narrazione non è la prima cosa che viene in mente…
E invece è una cosa formidabile e sta avendo un grande successo. Si figuri che sono presidente di una fondazione, la Sanguis Jovis di Montalcino, e tutti gli anni teniamo un corso di una settimana per dare ai giornalisti degli argomenti con cui raccontare le storie del vino.
Quindi non compriamo solo una bottiglia di vino, ma una storia…
I più evoluti dicono che si compra un’emozione, ma per far sì che una bottiglia di vino dia un’emozione bisogna dare contenuti intellettuali: dobbiamo cercare di utilizzare le storie, i ricordi per far sì che il consumatore in quel vino ritrovi elementi che gli parlino. È a questo punto che il vino ha valore, altrimenti è semplicemente una bevanda molto comune e i vini che costano 3 euro sono più interessanti di quelli che ne costano 100. Perché la qualità è importante, ma i vini al giorno d’oggi sono tutti buoni, la tecnica è molto sofisticata ed è difficile, oggi, imbattersi in un vino difettoso: bisogna trovare il modo per dare risalto alle differenze. Differenze che sono fuori dal bicchiere, non nel bicchiere.
Tra le parole-chiave di queste narrazioni troviamo spesso ‘naturalità.’ Però lei precisa che la vite non è una pianta naturale…
Esattamente. Non ci sono vini naturali, non ci possono essere: naturale è ciò che si sviluppa da solo. Naturale è una fragola di bosco, una pianta di mirtilli… ma se io coltivo i mirtilli, le fragole, una pesca o un grappolo d’uva a quel punto non c’è nulla di naturale. L’uomo nel corso di migliaia di anni ha selezionato quelle piante, tenendo solo quelle con qualità che gli interessavano; ma a questo punto quelle piante non possono più vivere da sole, devono essere aiutate e protette. Addirittura, se io lascio l’uva a fermentare, questa diventa aceto, il prodotto più ossidato. L’uomo deve contrastare l’ossidazione e l’enologia in fondo è questo: un modo per contrastare l’ossidazione naturale.
Il futuro della viticoltura?
Con sempre meno interventi umani: le conoscenze della chimica, della biochimica e della fisiologia ci consentono di intervenire sulla materia prima in modo estremamente dolce. Se in passato l’azione era estremamente violenta e di tipo chimico, adesso noi operiamo soprattutto a livello fisico: la raccolta dell’uva matura ma sana, una pressatura molto dolce, un’essiccazione statica del mosto, una fermentazione con lieviti selezionati…
E per la salute? L’alcol non è ben visto.
Vede, l’evoluzione dell’uomo è accompagnata da un uso moderato di alcol. Ci sono sempre state queste associazioni uomo-alcol, certamente non a livello patologico. Io distinguo sempre quello che è alcol da vino e quello che è alcol da distillato, e come sono convinto che l’alcol da vino sia buono, una bevanda sana, sono contrarissimo ai distillati.