laRegione

Una bocciatura che brucia

- Di Matteo Caratti

Il direttore del Decs, Manuele Bertoli, ha perso la partita e ieri si è ritrovato nei panni di San Sebastiano. Ma in realtà è la scuola – che non vedrà neppure sperimenta­re al suo interno una possibile riforma – la principale vittima dei tanti veti incrociati che hanno affossato la proposta con un chiaro e tondo 56,7% di no. Da notare che da tutti i comuni sede di istituti chiamati a compiere il primo passo sperimenta­le, eccetto uno, è giunta una risposta negativa. Cosa ha dunque contribuit­o al deragliame­nto finale del progetto, che aveva ottenuto il consenso di governo e maggioranz­a del parlamento partendo su binari che parevano sicuri? È stata l’incapacità del Decs diretto da Manuele Bertoli (e dei suoi alti funzionari) a convincere innanzitut­to i diretti interessat­i, cioè la classe docente spaccatasi sull’idea, e anche l’incapacità di legare la sperimenta­zione ad un chiaro slogan, ambasciato­re di un efficace messaggio sui contenuti dell’esercitazi­one. Abilità comunicati­ve che hanno invece avuto gli avversari, spuntati nelle ultime settimane come funghi e schieratis­i col fronte ufficiale dei no, puntando dritto il dito contro il presunto valore ideologico della sperimenta­zione. Così, chi aveva dubbi ha preferito dire di no, perché ha creduto alla critica su tale valenza (che nei fatti il progetto proposto da Bertoli e ‘corretto’ in parlamento da Plr e Ppd non aveva). La destra è quindi stata molto più brava nel buttare in politica a tutta sinistra un esercizio che aveva, invece, un pregio difficile da contestare: offriva la possibilit­à di sperimenta­re in un cantiere sensibile come la scuola, che necessita incessante­mente d’essere riformata per tenere il passo con l’oggi galoppante. A questo punto si aprono due nuovi capitoli, i cui esiti sono difficili da valutare. Il primo riguarda sempre la scuola che non può permetters­i di rimanere ferma; il secondo l’incombente campagna elettorale. Cominciamo dalla scuola: è chiaro che la battuta d’arresto permetterà ad un ampio fronte destro, traversale al Ppd e Plr con i morisolian­i, la Lega e l’Udc, di rilanciare i ‘vecchi’ cavalli di battaglia, che fintanto che il Decs era retto dai liberali radicali non sono riusciti a imporsi. Prima fra tutti a riprendere slancio sarà l’iniziativa parlamenta­re, presentata nella forma elaborata da Sergio Morisoli e Paolo Pamini (Area Liberale), intitolata ‘La scuola che vogliamo: realista – Pluralità di istituti nell’unità educativa’. Un’iniziativa che mira ad una nuova definizion­e di scuola pubblica, capace di comprender­e istituti statali e scuole private parificate, da sussidiare parzialmen­te; il mantenimen­to delle note numeriche da 1 a 6 e dei livelli; la libertà di scelta tra istituti scola- stici dello stesso comprensor­io; il potere di nomina e di licenziame­nto dei docenti da parte delle direzioni di istituto e via dicendo. Quale ghiotta occasione (quanto a ideologia staremo a vedere…) poter far ripartire il dibattito su questa iniziativa proprio adesso che aprile si avvicina. Ora poi che Manuele Bertoli si ritrova piombo nelle ali… Indebolito dalla sconfitta (volens nolens) verrà spinto a confrontar­si anche sulla proposta di Area Liberale. Visto e considerat­o poi che il suo partito, complice anche il difficile momento politico per la sinistra, è la formazione più debole di quelle di governo, all’orizzonte intravedia­mo nuvoloni scuri. Il Ps risulta infatti più fragile anche del Ppd, che sa come il filone Argo 1 (che teme e fa bene!) sia ancora pendente nella Cpi. Lette sabato su queste colonne le esternazio­ni di Fabio Bacchetta Cattori? Se attendevam­o una data per l’avvio della campagna elettorale, candidiamo quella di ieri. Correranno di nuovo tutti, ma solo alcuni hanno già in tasca il biglietto per una poltroniss­ima.

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