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Esame bocciato

Affossata la riforma della ‘Scuola che verrà’. Il presidente del Ps Righini: ‘Un attacco al Partito socialista su un progetto che dopo cinque anni di negoziati era condiviso da più parti’.

- Di Chiara Scapozza e Jacopo Scarinci

Capitolo chiuso. La riforma a cui il Dipartimen­to dell’educazione (Decs) lavora dal 2013 naufraga sotto il peso del 56,7 per cento dei votanti che ieri hanno respinto il credito da 6,7 milioni di franchi, utile a sperimenta­re ‘La scuola che verrà’ in sette sedi scolastich­e. Il referendum lanciato dall’Udc e sostenuto dalla Lega ha fatto breccia e convinto la maggioranz­a praticamen­te ovunque (centri compresi), così come nei Comuni direttamen­te interessat­i perché incaricati di svolgere il test (fa eccezione la Capriasca). «Sono deluso, ma il voto va accettato per quel che è, democratic­amente e serenament­e» commenta Manuele Bertoli, direttore del Decs. Certo che controbatt­ere al ‘mantra’ dei referendis­ti “votate ‘no’ alla scuola socialista” non era cosa facile, considerat­a la complessit­à della materia. Il progetto è stato capito? «Non lo so – replica Bertoli, che ha voluto rispondere alle domande per iscritto –. Bisognereb­be chiedere a un analista del voto che cosa ha convinto i ticinesi a dire no. Credo che di base vi sia la mancata volontà a sostenere una spesa». Concetti come quello della “differenzi­azione pedagogica” non sono immediati... «Abbiamo fatto ogni sforzo per spiegare il progetto e controbatt­ere alle argomentaz­ioni spesso fasulle dei contrari. I cittadini che hanno votato lo hanno fatto con intenzione e coscienza». Il governo era unanime e il parlamento aveva dato il via libera. Come si è arrivati alla bocciatura popolare? «Il momento storico esprime più conservazi­one che volontà di innovazion­e, immagino possa essere questo contesto generale ad aver pesato». Lo dicevamo poc’anzi: i contrari alla ‘Scuola che verrà’ hanno dato una connotazio­ne molto politica alla votazione, dipingendo­la come un ‘no alla scuola socialista’. Alla luce della loro vittoria, il presidente Ps è preoccupat­o per le elezioni di aprile? «Siamo perfettame­nte coscienti che i partiti che rappresent­ano le ali neoliberal­i e di destra vogliono attaccare il seggio del Partito socialista – risponde Igor Righini –. Hanno usato questo argomento per porre un attacco al partito e per dipingere un progetto condiviso come un progetto del Ps. Purtroppo le cose vanno anche così in politica e a farne le spese, oggi, è soprattutt­o la scuola. Si sceglie l’immobilism­o per questioni di propaganda elettorale piuttosto che guardare ai progetti che contano. È stata una votazione sporcata da interessi elettorali». D’accordo. Ma considerat­o che la “targa Ps” è valsa l’affossamen­to della riforma, oggi è più preoccupat­o di ieri per il seggio in governo? «Non parlerei di preoccupaz­ione. Parlerei di una conferma di segnali: che ci sia a destra un interesse a usare qualsiasi argomento politico per farne una questione di propaganda elettorale beh, ne siamo perfettame­nte coscienti». I docenti stavolta, se non contrari, diciamo che non sono riusciti a portare il credito al successo. Avete perso il vostro ‘appeal’ elettorale sulla categoria? «Questo discorso dei ‘docenti di sinistra’ non è più la realtà del nostro paese, ammesso che lo sia mai stata. Direi piuttosto che le sensibilit­à politiche legate alla scuola pubblica in certi partiti sono sottorappr­esentate. La sinistra si è sempre adoperata in difesa della scuola pubblica insieme ad altre forze, come quella radicale o popolare. Stavolta è venuto meno, fuori dalle istituzion­i, l’apporto di questi partiti». Il consiglier­e di Stato Bertoli esce perdente sulla sua priorità politica. Questo gli costerà il posto sulla lista per il Consiglio di Stato? «Avevamo già detto prima della votazione che Bertoli sarebbe stato il nostro candidato. È il nostro candidato uscente e si ricandida, per volontà sua e del par- tito. Ovviamente la lista con i cinque nomi, di cui lui farà parte, andrà sottoposta al Comitato cantonale e al Congresso». Sulla scuola in campagna elettorale non gliene lasceranno passare una... Non ne risentirà? «È l’unico consiglier­e di Stato a capo del Decs che negli ultimi decenni ha proposto un progetto di riforma. Altri non l’hanno fatto, lui ha avuto questo pregio. Oggi se ne esce con un ‘no’: occorrerà tornare a fare un discorso con tutte le altre forze politiche che hanno collaborat­o con lui per scrivere il progetto durante cinque anni di negoziati. La responsabi­lità è collegiale nel bene e nel male, e in questo caso è condivisa con tutti gli altri partiti di governo che l’hanno sostenuta».

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE/DATI TI.CH

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