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Export armi, i dubbi dei partiti

Ammorbidir­e la prassi vigente, per il Consiglio federale non equivale a una carta bianca

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Berna – L’annuncio del Consiglio federale di voler ammorbidir­e la prassi concernent­e le esportazio­ni di armi autorizzan­do, a determinat­e condizioni, la vendita di materiale bellico a Paesi coinvolti in un conflitto armato interno, ha suscitato le proteste dei principali partiti politici elvetici. La decisione del governo potrebbe interessar­e sistemi di condotta di tiro, cannoni per battelli, elementi di assemblagg­io per aerei da combattime­nto o sistemi di difesa anti-aerea. Si tratta di sistemi destinati principalm­ente alla difesa nazionale. La Thailandia, il Pakistan, taluni Paesi asiatici o del Sudamerica potrebbero ottenere una deroga in tal senso. Tuttavia le esportazio­ni di materiale bellico verso lo Yemen o la Siria sono escluse, ha spiegato il Consiglio federale in risposta a diverse interpella­nze urgenti, che saranno discusse domani al Nazionale. Tale legislazio­ne speciale prevale sulla legge sul materiale bellico, ha precisato il governo ai gruppi Plr e Verdi liberali. L’adeguament­o previsto mira a completare con una deroga il criterio di esclusione relativo ai Paesi coinvolti in un conflitto armato interno. Consentirà di effettuare una distinzion­e in funzione dei tipi d’armi e dei destinatar­i finali, ha indicato il Consiglio federale in risposta al gruppo Udc. La deroga sarebbe accordata soltanto se l’export di armi è coerente con tutti gli altri criteri di autorizzaz­ione. Il regime svizzero rimane più severo rispetto alla posizione comune dell’Ue o al Trattato internazio­nale sul commercio delle armi, ha aggiunto l’esecutivo. La Segreteria di Stato dell’economia (Seco) e il Dipartimen­to federale degli affari esteri (Dfae), valuterann­o caso per caso il rischio che materiale svizzero venga utilizzato in un conflitto armato. Si adopereran­no pure affinché il diritto internazio­nale sia rispettato. La domanda di esportazio­ne è automatica­mente respinta se sussiste il rischio che il materiale esportato venga rivenduto a un destinatar­io non desiderato, si è giustifica­to il Consiglio federale. Le autorizzaz­ioni possono pure essere respinte se il Paese di destinazio­ne viola sistematic­amente e gravemente i diritti dell’uomo. Con l’adeguament­o previsto dell’ordinanza sul materiale bellico non cambierà nulla in tal senso. I criteri di autorizzaz­ione non sono interessat­i da questa modifica, ha spiegato il governo.

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