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L’Ue porta Varsavia davanti al giudice

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Bruxelles – La Commission­e europea ha deferito la Polonia alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La riforma della Corte suprema imposta dal governo nazionalis­ta di Diritto e Giustizia, a parere della Commission­e, limita l’indipenden­za del sistema giudiziari­o, e dunque viola le condizioni di adesione all’Ue. La stessa Commission­e ha anche chiesto alla Corte di Lussemburg­o di ordinare misure provvisori­e e di seguire una procedura d’urgenza. La mossa – terza tappa della procedura – arriva dopo l’apertura, nel luglio scorso, della procedura d’infrazione sulla legge sulla composizio­ne della Corte suprema, oltre al già avviato processo dell’articolo 7 sul mancato rispetto dello stato di diritto. In quell’occasione Bruxelles aveva inviato al governo polacco una lettera di messa in mora urgente, per cui Varsavia aveva un solo mese di tempo per rispondere, contro gli abituali due mesi. Ma, più che procedural­e, lo scontro è espressame­nte politico. Varsavia, con Budapest, guida il cosiddetto “fronte sovranista” nato nei Paesi dell’ex patto di Varsavia e ora ben più esteso, da Vienna a Roma, e non intende “piegarsi” alla detestata Europa di Bruxelles. Resta il fatto che la separazion­e dei poteri è iscritta nel diritto comunitari­o e la Polonia di Kaczynski ne sta facendo polpette (come della libertà di stampa), e i suoi emuli e ispiratori non sono da meno. Oltre alla Polonia, non a caso, oggetto dei “richiami” delle istituzion­i europee c’è anche l’Ungheria, recentemen­te condannata dall’assemblea plenaria dell’Europarlam­ento. Il governo di Orban è stato messo sotto accusa tra l’altro per le sue politiche anti-migranti, il mancato rispetto dei media e delle Ong. E ancora ieri, l’organizzaz­ione Open Society del miliardari­o George Soros ha presentato istanza alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e alla Corte costituzio­nale di Budapest. Una mossa per contestare le recenti leggi che prendono di mira le Ong che lavorano con rifugiati e richiedent­i asilo.

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KEYSTONE Il presidente Duda

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