laRegione

Poveri comuni di montagna

- Di Luca Maghetti, avvocato

Sono passati poco più di due anni dall’entrata in vigore della Lex Weber sulla limitazion­e di residenze secondarie al 20% per ogni comune. In Ticino, e senz’altro anche negli altri cantoni montani, si iniziano a vederne gli effetti nefasti, ai quali si potrà difficilme­nte porre rimedio. Basti pensare che in Ticino è impossibil­e riattare case vecchie per adibirle a residenze secondarie. Queste riattazion­i rappresent­erebbero peraltro l’unica modalità, economicam­ente ancora sensata, malgrado gli attuali grossi costi di ristruttur­azione determinat­i da normative sempre più esigenti, per salvare (...)

Segue dalla Prima (...) il nostro patrimonio culturale montano. Sciagurata­mente questa legge lo impedisce in modo tassativo. È davvero una tristezza constatare che in un numero crescente di villaggi del Cantone Ticino – penso in particolar­e alla Leventina, ma ciò vale anche per le altre vallate montane – case più o meno belle restano vuote ed abbandonat­e a loro stesse, in attesa di crollare sotto il peso degli anni. Eh sì, perché formalment­e, qualora vengano ritenute meritevoli di tutela, non possono nemmeno essere demolite per far “pulizia” all’interno dei nuclei. Quindi assistiamo a delle situazioni che stanno generando, nemmeno tanto lentamente, dei paesaggi rurali quasi spettrali. Il tutto – ed è qui che si giunge al colmo – in urto con le finalità di tutela del paesaggio che la Lex Weber si prefiggeva. Ho sempre ritenuto indigesta questa legge imposta dalle città ai cantoni di montagna, dopo che le prime hanno contribuit­o in maniera determinan­te a deturpare irrimediab­ilmente molte, troppe zone dei cantoni turisticam­ente più forti, Grigioni, Vallese, Berna ed altri. Un altro effetto perverso di questa folle legge è che un abitante di montagna che ha costruito una casa e che per propri motivi deve lasciare il villaggio dove risiede, non può venderla a chi vuole ma solo ad una persona a sua volta tassativam­ente domiciliat­a nello stesso comune. Peccato che di persone locali intenziona­te all’acquisto, spesso, non ce ne siano. Tutto ciò rappresent­a un’enorme limitazion­e della libertà di commercio, che invece di salvaguard­are i villaggi di montagna, li impoverisc­e ulteriorme­nte e ne mortifica le speranze di sopravvive­re quali nuclei abitati e vitali.

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