Non sempre funziona
L’accordo di libero scambio con la Cina positivo per quattro imprese su dieci L’anno scorso risparmiati 100 milioni di franchi di dazi. L’interscambio tra i due Paesi è aumentato. A beneficiarne l’industria delle macchine.
Dal 2014 tra la Svizzera e la Cina esiste un accordo di libero scambio, il primo che il gigante asiatico ha firmato con un Paese occidentale, che nelle intenzioni avrebbe dovuto far decollare – grazie al progressivo azzeramento dei dazi doganali su molti beni – l’interscambio commerciale tra le due economie. Obiettivo raggiunto soltanto in parte, stando a uno studio dell’Università di San Gallo. Nel solo 2017 le imprese dei due Paesi hanno risparmiato dazi doganali per oltre 100 milioni di franchi. Ma non tutte le aziende fanno uso di questa possibilità. L’esenzione o la forte riduzione dei dazi non scatta infatti automaticamente, ma devono essere le stesse imprese esportatrici ad attivarsi. Il cosiddetto tasso di utilizzo dell’accordo di libero scambio da parte delle aziende elvetiche che esportano in Cina si attesta infatti al 44%. I dazi cinesi sulle importazioni di beni svizzeri, nei primi anni dell’intesa, sono stati progressivamente ridotti e nel 2018 sono stati completamente aboliti per un grande numero di prodotti. A beneficiarne maggiormente, secondo l’Università sangallese, sono stati l’industria delle macchine, il
settore delle tecnologie mediche e il comparto dell’orologeria. Lo studio mostra peraltro che solo il 40% delle aziende fa effettivamente uso delle possibilità offerte dall’accordo di libero scambio. Molte società hanno infatti deciso in modo consapevole di non farvi ricorso o di farvi capo solo parzialmente. I motivi sono diversi, ma la causa principale risiede nelle difficoltà di attenersi alle norme di origine. L’accordo può infatti essere invocato solo se si dimostra che una quota rilevante del valore di un prodotto è stata generata in Svizzera. Nella direzione contraria lo studio mostra che nemmeno le società cinesi stanno utilizzando a fondo le agevolazioni concesse dall’accordo. Dall’entrata in vigore dell’intesa le possibilità di risparmio sono state esaurite unicamente nella misura del 42 per cento. «Non abbiamo ancora dati precisi, ma l’interesse delle imprese ticinesi dall’entrata in vigore dell’accordo è cresciuto molto e parecchie aziende hanno chiesto e ottenuto le esenzioni doganali previste», afferma Valentina Rossi, responsabile export presso la Camera di commercio. «Le categorie merceologiche più gettonate dal mercato cinese sono i macchinari per l’industria e la farmaceutica e tecnica medica in generale. In senso opposto arrivano semilavorati e componentistica per altri prodotti», afferma Valentina Rossi la quale precisa che le tariffe doganali – superate dall’accordo – non sono le uniche. «Esistono anche quelle non tariffarie come le differenze giuridiche (protezione dei brevetti) e culturali. Per questo consigliamo ai nostri associati di prepararsi bene prima di affrontare il mercato cinese ricercando un partner locale». In linea generale l’accordo ha comunque spinto le attività commerciali: dal 2014 l’export svizzero verso la Cina è aumentato di circa il 30%, mentre nella direzione opposta l’incremento è stato del 7%. In una conferenza stampa convocata a San Gallo, l’ambasciatore cinese in Svizzera Geng Wenbing ha sottolineato la grande importanza dell’intesa, che potrebbe avere risvolti internazionali in un clima di crescente protezionismo. Il diplomatico ha detto di sperare in ulteriori sviluppi dell’accordo commerciale.