Export armi, basta esclusiva
‘Sì’ del Nazionale a una mozione del Pbd: sui criteri anche il Parlamento deve poter dire la sua Sinistra e partiti del centro puntano i piedi, 11 deputati (molti del Plr) si astengono. Il governo incassa una cocente (ma parziale) sconfitta.
Consentire, a determinate condizioni, l’export di armi in Paesi coinvolti in un conflitto interno. L’idea del Consiglio federale ha sollevato un polverone. Un’alleanza – con esponenti di Ps, Verdi, Verdi liberali, Pbd, evangelici, ambienti ecclesiastici e organizzazioni umanitarie – già minaccia di lanciare un’iniziativa popolare se il governo non mollerà la presa. E nemmeno al Parlamento piace la testardaggine del Consiglio federale. Al termine di un dibattito emotivo, il Nazionale ha accolto ieri per 97 voti a 82 (e 11 significative astensioni, specie tra i Plr) una mozione del Partito borghese democratico (Pbd) affinché i criteri ora definiti nell’ordinanza sulle esportazione di materiale bellico vengano in futuro inclusi nella relativa legge. Solitamente, le domande di esportazione non vengono sottoposte al Consiglio federale. Sono di fatto sbrigate con una decisione puramente amministrativa, a livello di Segreteria di Stato dell’economia e Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae). Quando non c’è accordo, tocca al Consiglio federale. Il Pbd con la sua mozione intende “rafforzare la legittimità democratica” del processo di decisione, affinché la prassi vigente possa poggiare su basi più solide. Qualora la mozione venisse approvata anche dagli Stati (dove però una bocciatura è probabile, cfr. sotto), eventuali modifiche sarebbero oggetto di un dibattito parlamentare e, in ultima istanza, attaccabili mediante referendum. Lo stesso consigliere federale Johann Schneider-Ammann ieri ha dovuto concedere di non aver mai ricevuto tante lettere di protesta («oltre due dozzine al giorno»). Sul dimissionario ministro dell’economia è piovuta addosso una pioggia di critiche. Il Consiglio federale mette a repentaglio la tradizione umanitaria e la neutralità della Svizzera, hanno sostenuto dalla sinistra e dal centro. A favore dei piani del governo, invece, si sono espressi Udc e una parte del Plr: l’industria degli armamenti rafforza la sicurezza nazionale, hanno insistito. Schneider-Ammann ha abbondato in tal senso. Ricordando anche che molte piccole e medie imprese dipendono dalle commesse delle grandi aziende del settore. E assicurando che ogni singola decisione – sia a livello di amministrazione federale che di governo – viene scrupolosamente analizzata da funzionari che non sono «mostri senza cuore» e da consiglieri federali «che pure hanno un cuore». La decisione del governo – sospesa fintanto che l’iter parlamentare della mozione Pbd è in corso – potrebbe interessare sistemi di condotta di tiro, cannoni per battelli, elementi di assemblaggio per aerei da combattimento o sistemi di difesa anti-aerea. Si tratta di sistemi destinati principalmente alla difesa nazionale. La Thailandia, il Pakistan e altri Paesi potrebbero ottenere una deroga in tal senso. Le esportazioni di materiale bellico verso Yemen e Siria sono escluse, aveva spiegato già negli scorsi giorni il Consiglio federale in risposta a interpellanze urgenti presentate da tutti e sette i gruppi parlamentari. Anche con questi adeguamenti, i criteri elvetici per l’export di armi rimarrebbero tra i più severi al mondo, ha sottolineato ieri il consigliere federale bernese («Anch’io voglio essere il ‘good guy’», il bravo ragazzo, ha detto Schneider-Ammann). Simili argomenti sono stati ripresi anche da diversi esponenti Plr e Udc. Di tutt’altro avviso la sinistra e i partiti di centro. Per Carlo Sommaruga (Ps/Ge), il governo si è fatto influenzare dalla lobby delle armi, prendendo una decisione contraria agli obiettivi della nostra politica estera che sono la promozione della pace e dei diritti umani. A nome del Pbd, Martin Landolt (Gl) si è detto a favore dell’industria bellica, ma contrario a un allentamento dei criteri per l’export. A suo dire, nessuna industria responsabile può pensare di risolvere i propri problemi vendendo sempre più armamenti. Ida Hunkeler Glanzmann (Ppd/Lu) ha giudicato poco accorta politicamente la decisione del Consiglio federale. Non è possibile mettere in pericolo il ruolo di mediatore della Svizzera nei conflitti internazionali, ha spiegato: ne va della nostra credibilità come Paese neutrale.