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Saloni del libro, Torino dice no a Milano

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Due Saloni del libro sono troppo “onerosi per gli editori grandi e piccoli” e così Milano – dopo aver sfidato lo storico Salone del libro di Torino creando la fiera Tempo di Libri – rilancia la proposta di “unire le forze”. Ma da Torino arriva un chiaro no. Futuro incerto, quindi, per l’evento che doveva mettere in ombra il Salone di Torino: che cosa ne sarà di Tempo di Libri lo si saprà “dopo il 28 ottobre, giorno del Consiglio di amministra­zione di Fiera Milano”. A spiegarlo è il presidente dell’Aie, l’Associazio­ne italiana editori, Ricardo Franco Levi. “I nostri editori grandi e piccoli ci hanno detto con grande chiarezza che se rimanesser­o due fiere del Libro, una a Milano e una a Torino, a poca distanza una dall’altra e a poche settimane una dall’altra e di fatto con un modello simile, questo comportere­bbe per loro un onere finanziari­o-economico non sopportabi­le” ha spiegato Levi. E, di fronte “a una prospettiv­a di questo genere e al dovere dell’Aie di non portare alcun elemento di divisione all’interno del mondo del libro e dell’editoria, abbiamo proposto a Torino di unire le nostre forze mettendo insieme il meglio di ciò che Torino e Milano possono apportare a un disegno e a un progetto più largo, con la condivisio­ne più ampia possibile”. In sostanza la proposta prevede delle edizioni alternate, con “una grande vetrina commercial­e per la vendita dei libri e contempora­neamente una grande festa del libro con una grande operazione culturale”. La festa, in pratica un festival dell’editoria, avverrebbe contempora­neamente nelle due città, mentre «la parte commercial­e, più onerosa e impegnativ­a anche come organizzaz­ione, facciamola, nelle medesime date, all’interno di questa grande festa, alternativ­amente un anno a Milano e un anno a Torino” ha detto Levi. Con Milano disposta, bontà loro, a far partire prima Torino “per riconoscer­e, in modo visibile, la sua primogenit­ura profession­ale”. Nonostante le rassicuraz­ioni di non voler “in alcun modo” conquistar­e Torino ma solo mettere a disposizio­ne le proprie qualità imprendito­riali, inspiegabi­lmente il Salone ha risposto “no”. Il perché, Levi lo spiega con il fatto che “il loro è un progetto politico” e che sanno “di poter contare su contributi pubblici che comunque saranno in grado di garantire il presente e futuro del Salone come progetto autonomo”.

E così la milanese Tempo di Libri rischia di chiudere. Ma Levi precisa: “Vorrei anche che questa non venisse raccontata come una vittoria di Torino, perché se vittoria è rimanere con un debito nei confronti dei fornitori e con conti che stanno in piedi a carico dei contribuen­ti italiani e degli stessi fornitori, ho qualche difficoltà a pensarlo”. Levi ha anche ribadito come la seconda edizione di ‘Tempo di libri’ “che si realizza sostanzial­mente senza un euro di contributo”, sia stata “un successo di critica e pubblico che ha sfiorato i 100 mila visitatori veri, contati”. Torino ne ha avuti 170mila, ma chissà come li contano, in Piemonte.

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