laRegione

Un Gran Consiglio straordina­rio

Decreto di non luogo del pg: un Gran Consiglio straordina­rio per rispettare i termini di ricorso

- di Andrea Manna e Chiara Scapozza

Per eventualme­nte impugnare il ‘non luogo a procedere’ decretato dal pg Pagani sui rimborsi governativ­i, il parlamento ha da ieri dieci giorni di tempo... Seduta straordina­ria giovedì.

La presidente del parlamento Kandemir Bordoli: sarà una seduta senza pausa per contenere i costi

Sarà seduta straordina­ria. Giovedì 4 ottobre, con inizio alle 14, il Gran Consiglio dibatterà e deciderà se impugnare o no il decreto di non luogo a procedere per l’ipotesi di abuso di autorità firmato in questi giorni dal procurator­e generale Andrea Pagani nei confronti di quattro dei cinque consiglier­i di Stato in relazione alla vicenda dei rimborsi governativ­i privi di base legale, in particolar­e per quanto attiene ai 300 franchi mensili per le spese telefonich­e. Le verifiche penali erano state sollecitat­e da Matteo Pronzini (Mps) poco meno di un mese fa, dopo i due abbandoni decretati uno in febbraio e l’altro in marzo dall’allora pg John Noseda. La seduta straordina­ria è stata decisa ieri dalla presidente del Gran Consiglio Pelin Kandemir Bordoli dopo aver sentito nel pomeriggio tutti i deputati. «Visto che da mie informazio­ni non risulta che sia mai stata convocata una seduta straordina­ria di Gran Consiglio, quantomeno non come prolungame­nto di una seduta ordinaria, ho voluto fare una consultazi­one tra i colleghi – spiega la presidente alla ‘Regione’ –. Mi è sembrato corretto, dato che si tratta di un evento di questa portata». Qualcuno si è opposto? «Nessuno si è detto contrario». A fare stato, comunque, «è la legge» (cfr. articolo sotto), precisa ancora Kandemir Bordoli: «La facoltà di decidere su un eventuale ricorso è data al parlamento e come presidente devo garantire che ci siano i tempi utili per farlo. Ho voluto seguire la legge in maniera scrupolosa, procedendo pertanto con la convocazio­ne». Spetta alla presidente farlo, stando all’articolo 113 della Legge sul Gran Consiglio (cfr. sotto). E il problema, per l’appunto, era rientrare nei tempi: il decreto di non luogo a procedere emesso dal pg assegna infatti, come da procedura, dieci giorni al parlamento cantonale per eventualme­nte contestarl­o davanti alla Corte dei reclami penali. Il termine decorre da ieri e scade lunedì 8 ottobre (tenuto conto del weekend). La prossima seduta ordinaria è però agendata per il 15. Da qui la necessità di inserire nel calendario una data in più. «La riunione straordina­ria – aggiunge Kandemir Bordoli – si terrà senza pausa: vogliamo insomma cercare di contenere i costi». Ricordiamo che secondo la legge sul parlamento a ogni deputato viene versata un’indennità di seduta di 200 franchi. Di regola un pomeriggio di Gran Consiglio consta di due sedute, separate da una pausa. I deputati sono novanta. I costi a carico del contribuen­te sono quindi presto fatti... Il decreto di convocazio­ne del Gran Consiglio verrà pubblicato sul ‘Foglio ufficiale’ di martedì (su quello in uscita oggi era evidenteme­nte impossibil­e), ossia due giorni prima della riunione. Con tanti sa- luti ai termini di convocazio­ne fissati, di nuovo, dalla legge. Sancisce l’articolo 115: “Gli avvisi di convocazio­ne con l’ordine del giorno e gli atti devono essere trasmessi ai deputati almeno 12 giorni prima della seduta”. Secondo capoverso: “Se tale termine non è osservato, in caso di opposizion­e da parte di almeno 3 deputati, il Gran Consiglio può deliberare solo con il voto d’urgenza”. Non cambia nulla, ma dà ulteriore dimensione del garbuglio. Di certo per ora c’è che la competenza di impugnare il decreto del pg “è del plenum del Gran Consiglio” e ciò “ritenuto il compito di alta vigilanza sul Consiglio di Stato spettante” al parlamento. È quanto avevano accertato Tiziano Veronelli e Gionata Buzzini, rispettiva­mente consulente giuridico e segretario del Gran Consiglio, già in occasione del primo decreto di abbandono (emesso in febbraio dall’allora procurator­e generale John Noseda) sull’affaire rimborsi. La decisione in parlamento deve essere presa a “scrutinio segreto” e “a maggioranz­a assoluta” dei suoi membri (almeno 46).

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