laRegione

Il messaggio di Doris

Dopo Schneider-Ammann, anche Leuthard annuncia il suo ritiro per fine anno

- di Stefano Guerra da Palazzo federale e Fabio Barenco

Doppio, parziale rinnovo del Consiglio federale a dicembre. La ministra Ppd: servono persone indipenden­ti dai partiti

Il 1o agosto 2017 aveva detto di volersi ritirare entro la fine della legislatur­a. La consiglier­a federale del Ppd ha messo ieri definitiva­mente a tacere le speculazio­ni, infittites­i in questi giorni dopo l’annuncio di Johann Schneider-Ammann. La doppia partenza rende meno prevedibil­i i giochi per la succession­e.

Oggi?Odomani? Oppure la prossima settimana? In questi giorni a Berna un giornalist­a si sveglia di buon’ora e un attimo dopo già pensa a Doris Leuthard. La consiglier­a federale è tornata mercoledì da New York, la pressione su di lei cresce: Johann Schneider-Ammann ha bruciato i tempi, spiazzando tutti martedì con l’annuncio del suo ritiro. Lei cosa farà? Perché si possa procedere a un doppio, parziale rinnovo del Consiglio federale nella sessione invernale delle Camere, in dicembre, in teoria avrebbe tempo fino alla fine di ottobre per dire che se ne va. In teoria. Hotel National, ore 8: sullo smartphone nessuna notizia. Colazione. Caffè, cornetto, succo d’arancia e inizio della seduta del Consiglio nazionale in streaming. Nessun annuncio dal presidente Dominique de Buman. Si parla di guardie di confine. Ok, può bastare. Centro media di Palazzo federale, ore 8.30: lettura dei giornali, altro caffè, due battute con un collega della ‘Luzerner Zeitung’ (dobbiamo dirvi su cosa?), un’occhiata al sito del Parlamento, a quelli dei giornali. Tutto tranquillo. Giornalist­i non più stressati del solito. Centro media di Palazzo federale, ore 9.07: “Girano voci... ritiro Leuthard 9.30...”. Messaggio WhatsApp di un collega dell’Ats. Un giro nei corridoi per vedere l’aria che tira. Scontro sfiorato con un giornalist­a del ‘Tages-Anzeiger’, accorso in ufficio a prendere giacca e taccuino per andare a Palazzo. Al quarto piano, dietro la vetrata di un open-space, i colleghi del ‘Tagi’ confabulan­o animatamen­te. Chiediamo in giro. Le solite risposte: «Chi lo sa?», «Forse». Palazzo federale, ore 9.20: avanti e indietro nella Sala dei passi perduti, dribblando parlamenta­ri, giornalist­i e tutti gli altri. Un collega: «Stamattina, all’inizio della seduta del Consiglio degli Stati, la presidente Karin Keller-Sutter aveva in mano un bouquet». Ma il bouquet era piccolo, ci fa notare qualcuno; e quando una consiglier­a federale se ne va, le si dà un gran mazzo di fiori. Mah... Alle 9.30 siamo dentro la sala del Nazionale, nella tribunetta stampa. I pochi deputati presenti parlano di viaggi all’estero dei rifugiati. Passa la presunta ora X. Niente. Aspettiamo dieci minuti. All’uscita, cogliamo una voce: «Ritardo, 10.30». Palazzo federale, ore 10: la squadra di ‘Modem’ della Rsi attende, non ha ancora smantellat­o la postazione allestita nella Wandelhall­e. Avanti e indietro, avanti e indietro. Microfono puntato addosso, al consiglier­e nazionale Hans-Ulrich Bigler (Plr) viene chiesto «un bilancio dell’era Leuthard». Torniamo dentro. La consiglier­a federale Simonetta Sommaruga alza la voce con i deputati Udc. Nel frastuono della sala semivuota, la vicepresid­ente Marina Carobbio suona la campanella, chiede un po’ di silenzio. Alla tribuna parla Marco Romano, torna il rumore. Poi la sala si riempie. Arriva de Buman, Carobbio gli cede lo scranno. Un attimo dopo non vola più una mosca. Sala del Consiglio nazionale, ore 10.26: de Buman legge la lettera di dimissioni di Doris Leuthard. Al termine, tutti in piedi ad applaudire. Marina Carobbio riprende il timone della seduta. Ma l’aula è già semidesert­a e la Sala dei passi perduti tutto un formicolar­e di giornalist­i a caccia di reazioni a caldo e di politici in genere ben disposti a concedersi. Centro media di Palazzo federale, piano -2, ore 11: conferenza stampa di Doris Leuthard (vedi sotto). Fine. I giornalist­i radio e tv si fermano. Gli altri se ne vanno. Capannello davanti agli ascensori. Si spalancano le porte di quello di sinistra. Chi riesce si infila, cerca di guadagnare tempo prezioso. Ma il tragitto è complicato: stop al pianterren­o; stop al terzo piano; stop al quarto. Il quinto: fine corsa. Il corrispond­ente della ‘Tribune de Genève’: «Adesso ci manca solo che domani Maurer si dimetta...». Un altro risveglio pensando a un consiglier­e federale? SG

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Occhi lucidi

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