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Il ponte che verrà

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Roma – Il decreto per Genova è arrivato finalmente al Quirinale. In leggero ritardo rispetto ai tempi strettissi­mi proclamati dal governo dopo il crollo del Ponte Morandi (e sono passati 44 giorni) e in leggero stato confusiona­le, ma cosa vi aspettavat­e. Nelle ultime bozze del provvedime­nto è confermata l’esclusione di Autostrade per l’Italia dalla ricostruzi­one, ma la società dei Benetton dovrà pagarla di tasca propria. Nel frattempo i soldi (330 i milioni di euro previsti) li metterà lo Stato. Non quelli per il cosiddetto “terzo valico”, il collegamen­to transappen­ninico, che dovrà essere sottoposto a un esame “costi-benefici”, secondo la formula amata dai 5Stelle di governo per prendere tempo sulle grandi opere (Tav compresa), ma senza inimicarsi la propria base. Il sottosegre­tario (leghista) ai Trasporti, ha però assicurato che si farà: anche lui ha una base a cui rispondere. I genovesi non l’hanno presa così bene. Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti dubita che il provvedime­nto sia “soddisface­nte”, mentre il sindaco di Genova Bucci vorrà ridiscuter­e il pacchetto se i fondi stanziati risulteran­no inferiori al pattuito. E su tutto incombe l’Unione europea (almeno i grillolegh­isti avranno qualcuno a cui dare la colpa) che intende vigilare sull’assegnazio­ne dei lavori. Lavori che saranno affidati “a uno o più operatori economici” dal fantomatic­o commissari­o straordina­rio la cui nomina sta per battere il terzo segreto di Fatima. Ma arriverà. Chi poi lo farà, il nuovo ponte, e come, è ancora da decidere, comprensib­ilmente. Speriamo non il ministro dei Trasporti Toninelli, che ha vagheggiat­o di un ponte “dove poter mangiare e giocare”. Con i Tir che ti passano sopra? Ha dovuto spiegargli­elo un genovese pratico: “Toninelli: un ponte, serve solo un c... di ponte”.

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KEYSTONE Tempi lunghi

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