Ladro di biciclette di lusso
Ventenne comasco condannato a 18 mesi sospesi per 22 colpi. Latitanti in Italia i complici Per un anno il giovane, che agiva in banda, ha compiuto furti in garage e cantine in diversi comuni. Si spostava col Tilo, su cui caricava le bici che faceva sparir
Un ladro sensibile all’ambiente: non solo perché l’oggetto dei suoi furti sono state le biciclette, velocipedi di alta gamma sottratti da garage di palazzi e abitazioni private in diverse località del cantone tra il giugno 2017 e il maggio 2018 nel Luganese, Mendrisiotto e a Giubiasco, ma anche perché lui, appena ventenne e senza lavoro, domiciliato a Como, si spostava in treno, col Tilo, e sempre via ferrovia caricava le mountain bike e le bici da corsa rubate e le faceva giungere in Italia. Pari a 100mila franchi il valore complessivo della refurtiva. Tra i ricettatori un cittadino egiziano. Il giovane ha agito per mestiere e in banda: i complici sono stati identificati ma sono tuttora latitanti in Italia. Il ventenne ha messo a segno 22 furti di biciclette e alcuni tentativi. Arrestato a Lugano dopo l’ennesimo colpo, ha scontato oltre quattro mesi di carcere e ora potrà tornare a casa: la pena inflittagli è stata di 18 mesi con la sospensione condizionale, in virtù della giovane età e del sincero pentimento. Effettiva invece l’espulsione dalla Svizzera per 5 anni. Il procuratore pubblico Arturo Garzoni ha fatto sapere che vi sono in circolo altre bande di ladri di biciclette. I garage aperti nei palazzi hanno facilitato l’operato della banda. Il giovane ladro non disdegnava tuttavia l’uso di materiale di scasso per assicurarsi il varco. Ingenuo il suo modus operandi: su attrezzi e mozziconi di sigarette lasciate sul luogo dei furti, gli inquirenti hanno rintracciato il suo Dna. Indizi importanti – ha evidenziato il magistrato nella sua requisitoria – che hanno consentito di risalire al numero di colpi perpetrati dal ventenne. Che, di fronte alle evidenze dell’inchiesta, ha ammesso le proprie responsabilità, salvo contestare l’entità di alcuni furti denunciata dalle vittime. La difesa, rappresentata dall’avvocatessa Giuditta Rapelli-Aiolfi, ha messo in evidenza la difficile adolescenza vissuta dal suo assistito, privo di una figura paterna. La sua passione per le biciclette era autentica – conosceva per filo e per segno marche, pezzi di ricambio e il valore di ogni due ruote – ma evidentemente il giovane ha mal messo a frutto le sue conoscenze tecniche, prestandosi all’attività criminale. La difesa si era battuta per una pena massima di 14 mesi sospesi con la condizionale. La Corte, presieduta dalla neo nominata giudice del tribunale penale, Manuela Frequin Taminelli, ha invece ritenuta adeguata la pena formulata dal procuratore pubblico Garzoni. L’imputato si è detto pentito e desideroso di «proseguire gli studi e trovare un lavoro onesto».
Centomila franchi il valore della refurtiva delle ‘due ruote’