Giudici stranieri nel mirino Udc
Dopo il Consiglio federale, scendono in campo i favorevoli all’iniziativa ‘per l’autodeterminazione’ Secondo Céline Amaudruz, al contrario del governo, la Svizzera non uscirà da alcun accordo internazionale
La campagna sull’iniziativa Udc ‘contro i giudici stranieri’ è entrata nel vivo. Dopo il Consiglio federale, che settimana scorsa ha raccomandato di respingere l’oggetto, ieri i promotori hanno presentato ai media le loro argomentazioni a favore del testo: rafforzerebbe la democrazia diretta e garantirebbe che i cittadini abbiano sempre l’ultima parola. A monte dell’iniziativa c’è una sentenza del Tribunale federale del 2012: nel decidere se espellere o meno uno straniero dalla Svizzera bisogna tenere conto della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, anche se è stata accolta l’iniziativa Udc ‘Per l’espulsione di criminali stranieri’. Secondo l’Udc ciò deve cambiare e per questo motivo ha lanciato l’iniziativa ‘Il diritto svizzero anziché giudici stranieri’, detta anche ‘per l’autodeterminazione’. Il testo chiede che la Costituzione federale debba prevalere sul diritto internazionale, ad eccezione di quello imperativo e inderogabile come ad esempio il divieto di tortura. Sull’oggetto si esprimeranno i cittadini il prossimo 25 novembre. Il Consiglio federale ha lanciato la campagna contraria al testo martedì scorso, ma è passata un po’ in secondo piano visto che lo stesso giorno si è dimesso Johann Schneider-Ammann. Secondo quest’ultimo e Simonetta Sommaruga l’iniziativa Udc metterebbe in pericolo alcuni trattati internazionali, nuocerebbe alla certezza del diritto e indebolirebbe la protezione dei diritti umani. Inoltre nuocerebbe alla stabilità del Paese e renderebbe la Confederazione un partner inaffidabile. La Svizzera dovrebbe infatti rinegoziare un numero incalcolabile di trattati con gli Stati interessati e, in caso di fallimento, uscirne. Ciò non rafforzerebbe certo l’autodeterminazione, hanno sottolineato i due ‘ministri’. Non è di questo avviso la consigliera nazionale Céline Amaudruz (Udc/Ge): se l’iniziativa venisse accolta non verrà denunciato alcun accordo o trattato internazionale, ha spiegato ieri in una conferenza stampa a Berna. Resta il fatto che «non possiamo subire in silenzio i diktat dell’Europa», ha affermato la deputata ginevrina. «Anche se un’iniziativa popolare riscontra un successo chiaro, il testo non sarà messo in opera nella versione originale», ha poi aggiunto riferendosi all’iniziativa per l’espulsione dei criminali stranieri. In pratica, gli accordi internazionali sono una «prigione giuridica», nella quale vengono rinchiusi i cittadini e i Cantoni. «Vogliamo che le decisioni popolari vengano nuovamente applicate», ha dal canto suo dichiarato il presidente dell’Udc e consigliere nazionale Albert Rösti (Be). Anche il deputato bernese torna poi sulla decisione del Tribunale federale, affermando che nessuno riesce a capire perché i criminali stranieri non possano essere espulsi. Insomma, i sempre più frequenti trattati e accordi internazionali porterebbero politici e tribunali elvetici ad applicare solo parzialmente – o addirittura a non mettere in pratica – le decisioni popolari. Con l’iniziativa, Rösti intende, inoltre, obbligare il Parlamento ad attenersi alla Costituzione. I promotori hanno poi enfatizzato l’unicità della democrazia diretta: è un modello di successo che garantisce la sicurezza del diritto e il benessere economico del Paese. Secondo il presidente dell’Udc, il 25 novembre non si tratterà dunque di una questione di destra o sinistra, ma di decidere sulla democrazia diretta e sulla sovranità elvetica. Infatti i cittadini spesso prendono decisioni non in linea con le posizioni del partito e «va bene così», ha assicurato Rösti. L’obiettivo è quello di ristabilire l’ordinamento giuridico antecedente al 2012. Secondo Schneider-Ammann un ‘sì’ all’iniziativa comporterebbe anche un rischio per l’economia: gli accordi internazionali permettono alle imprese di investire e generare posti di lavoro. Più scettico invece il consigliere nazionale Thomas Matter (Udc/Zh): l’opposizione all’iniziativa degli ambienti economici sarebbe da ricondurre alla grande presenza di manager stranieri che non permette a determinate realtà di capire il sistema politico ed economico svizzero.