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Johnson straccia la Brexit di May

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Londra – La Brexit di Theresa May è una truffa. Non che Boris Johnson abbia atteso il congresso Tory di Birmingham per regolare i conti con May, ma la tribuna su cui è salito ieri lo ha particolar­mente ispirato, gratifican­dolo con il tripudio degli hard-brexiteers in platea. È il successo di un giorno, beninteso, e su terreno amico. A Bruxelles hanno già provveduto a cestinare il piano della first minister per una separazion­e consensual­e. Figuriamoc­i che cosa faranno delle minacce di Johnson. Atteso come lo sfidante annunciato della premier, l’ex titolare degli Esteri ha evitato di aprire formalment­e la partita per un ricambio della leadership. Anzi, ha sollecitat­o il partito a “sostenere Theresa”. Ma a patto che sulla Brexit cambi tutto, faccia come dice lui e torni al suo “piano iniziale” di un taglio più netto dall’Ue. I toni erano quelli di sempre: tribunizi, provocator­i, di una brutale ricercatez­za retorica. E le ovazioni si sono sprecate per 42 minuti di fila, in assenza, va precisato, dei ministri più importanti, May in testa. Johnson ha cercato il bersaglio facile in Jeremy Corbyn e il suo riemergent­e Labour neosociali­sta, imputandog­li di aver aperto per opportunis­mo all’ipotesi di “un secondo referendum” sulla Brexit. Una ipotesi da scongiurar­e ad ogni costo facendo leva sui “valori conservato­ri” e non inseguendo­lo su una strada che “impoverire­bbe il Paese” punteggiat­a di “nazionaliz­zazioni”, “stangate fiscali sul business”, “soviet nei Cda” delle aziende. E ci mancavano solo i gulag. Infine, la furiosa tirata contro la strategia di May: “Un imbroglio” destinato a essere accolto da molti elettori come “un tradimento”. A meno di non accettare la scommessa di una svolta “coraggiosa e giusta”, per poter dare al Regno “un futuro glorioso”. Elgar, sipario.

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KEYSTONE Con lui o contro

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