You are the Brexit queen
Londra – O la “sua” Brexit o il disastro. Theresa May ha replicato ieri alle bordate sparatele il giorno prima da Boris Johnson mettendo il congresso Tory davanti a un aut-aut: o il partito la segue nel negoziato con l’Unione europea, o la separazione senza accordo sarà una mezza catastrofe per il Regno Unito. E ancor più per i conservatori, che rischierebbero di essere travolti in sede elettorale dal Labour di Jeremy Corbyn. Un avvertimento, una minaccia, una richiesta disperata? Difficile distinguere. May è entrata in scena, letteralmente, accennando a qualche passo di danza sulle note di un’improbabile “Dancing Queen” degli Abba. Forse per sdrammatizzare, forse perché incombono le comiche finali. Giusto pochi minuti prima di salire sul podio, May si è vista recapitare anche la prima mozione di sfiducia formale: messa nero su bianco da un singolo deputato, James Duddridge. Per ora è poco meno di un avvertimento, ma guai a sottovalutarlo. La Brexit è il traguardo, ha assicurato, giurando di “non voler tradire il risultato del referendum” del 2016. “Ma se ci disperdiamo alla ricerca ciascuno di una Brexit perfetta, il rischio è di finire senza alcuna Brexit”. Detto questo – e ribadito a Bruxelles che la Gran Bretagna “non accetterà mai” di essere separata dall’Irlanda del Nord –, May non sottovaluta del resto le conseguenze di un eventuale divorzio senza accordo: dazi e controlli doganali duri da affrontare. Di qui l’ostinazione con cui martella sulla linea di compromesso varata dal suo governo nella riunione dei Chequers: un piano che Johnson vorrebbe cestinare come una truffa e che Bruxelles ha già in buona parte bocciato. May balla, sì, ma su un cornicione al quinto piano.