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L’uomo che non si è fatto da sé

Lo Stato di New York vuole indagare sulle frodi fiscali all’origine della fortuna di Donald Trump Il presidente, salvato ripetutame­nte dal fallimento dai milioni del padre, rifiuta ancora di rendere note le dichiarazi­oni dei redditi

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Washington – Già a tre anni Donald Trump “guadagnava” 200mila dollari l’anno. A otto era un milionario e dai 40 in poi il padre Fred gli ha versato oltre cinque milioni di dollari ogni dodici mesi. Non c’è un granché di nuovo nel servizio che il ‘New York Times’ ha dedicato alla patacca dell’“uomo che si è fatto da sé”: molto era già stato scritto sull’origine della fortuna del presidente statuniten­se. Frutto delle spericolat­e operazioni del padre, più che delle sue abilità mercantili, e semmai della frequentaz­ione di consiglier­i fiscali che lo hanno istruito a eludere (se non a evadere) il fisco. Di nuovo c’è che le autorità dello Stato di New York vogliono capire se le accuse di “frode fiscale” emerse dall’inchiesta del quotidiano sono fondate. Se cioè gran parte dei 413 milioni di dollari ereditati da The Donald sono frutto di elusione fiscale e di altre operazioni poco trasparent­i se non illegali. «Seguiremo tutte le strade appropriat­e», hanno assicurato i funzionari del New York State Department of Taxation and Finance. Il ‘New York Times’ si è dedicato a demolire il mito del tycoon che si è fatto da solo. Una narrativa secondo cui ai genitori chiese solo un prestito da un milione di dollari che lui, maestro del business, riuscì a trasformar­e in un impero da 10 miliardi. Le cose non sono andate proprio così. Donald ricevette dal padre prestiti per almeno 60,7 milioni di dollari–140 milioni al valore di oggi – gran parte dei quali usati per salvare i disastri compiuti proprio nel mondo degli affari. Tutti soldi mai restituiti, o quasi, come emerge dall’inchiesta del quotidiano. Prevista e scontata l’ira di Trump: “Il fallimenta­re Nyt – ha twittato – ha fatto qualcosa che non ho mai visto prima”. I suoi legali negano le accuse affermando che quelle denunciate erano transazion­i legali controllat­e e sottoscrit­te dall’Irs, l’agenzia delle entrate Usa. Il giornale ha scritto invece che gran parte dei soldi versati a Donald dai genitori sono transitati da una società fittizia che ha permesso di abbattere la somma da pagare al fisco. Ma, al di là della vicenda fiscale, l’inchiesta del Nyt offre uno spaccato di come Trump, diversamen­te dalla versione ufficiale, ha accumulato la sua fortuna. Di fatto attingendo a piene mani dal patrimonio del padre Fred che più volte lo ha salvato dal fallimento. Il danno di immagine fa comprensib­ilmente venire il fottone a Trump, ma più ancora potrebbe metterlo all’angolo l’inchiesta dello Stato di New York. Che rilancia la richiesta di mostrare finalmente le dichiarazi­oni dei redditi che finora si è sempre rifiutato di rendere pubbliche.

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KEYSTONE Dollaro su dollaro

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