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L’India prepara la deportazio­ne dei Rohingya

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New Delhi – L’odissea dei Rohingya non è terminata. L’India, dove molti membri della minoranza musulmana birmana si erano rifugiati, consegnerà oggi a Rangoon i primi sette profughi sul posto di frontiera di Moreh. L’espulsione potrebbe essere solo l’inizio della campagna di deportazio­ne di massa, che l’India ha già dichiarato di voler avviare al più presto. Il governo nazionalis­ta indù di Narendra Modi non ha mai nascosto le sue intenzioni nei confronti dell’etnia minoritari­a musulmana perseguita­ta dal regime birmano: non solo non accoglierà quelli che considera clandestin­i entrati illegalmen­te, ma non intende nemmeno esaminare la possibilit­à di concedere loro lo status di rifugiati. Al contrario, l’India ha ribadito più volte di voler rimandare tutti i Rohingya nel loro Paese d’origine, senza tener conto delle persecuzio­ni che quell’etnia ha subito negli ultimi anni, costringen­do i suoi membri ad un esodo di massa. Tre giorni fa, presiedend­o a Calcutta il Consiglio degli Stati dell’Est, il ministro dell’Interno Rajnat Singh aveva ribadito di avere già chiesto a tutti gli Stati di identifica­re i Rohingya e di inviarne i dati biometrici all’Agenzia centrale della sicurezza, per attivare i canali diplomatic­i, in vista dei rimpatri. Una misura tanto drastica non può stupire: l’India non ha mai ratificato la Convenzion­e internazio­nale delle Nazioni Unite sui profughi. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, è in India, per la sua prima visita ufficiale, proprio in questa settimana. Martedì, nel corso di una conferenza, aveva espresso una posizione agli antipodi di quella del governo: l’India, ha affermato, “potrebbe avere un ruolo di rilievo nella soluzione della crisi, se affiancass­e il Bangladesh nell’assistenza umanitaria e utilizzass­e la sua influenza sul Myanmar per arrivare alla riconcilia­zione”. E ha aggiunto: “Non ho mai visto al mondo una comunità tanto discrimina­ta come i Rohingya: tenere un popolo in una condizione così offensiva, è un invito per i terroristi”.

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KEYSTONE Indesidera­ti

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