Perde il posto il frontaliere della rapina
Storie un po’ tristi, a cavallo della frontiera quelle che spesso fanno capolino in aula penale. Ieri è stato condannato a 13 mesi con la condizionale l’uomo, un 59enne calabrese residente nel Comasco, che l’8 luglio del 2017 rapinò un distributore di Ponte Cremenaga, precisamente il negozietto Piccadilly annesso alla stazione di servizio Eni. Scarso fu il bottino, un migliaio di franchi, e breve la fuga dell’uomo, identificato e arrestato cinque giorni dopo. A parte la pena, il danno principale per l’imputato è la perdita del lavoro in Svizzera, a causa dell’espulsione dal Paese per 5 anni che gli è stata comminata. Un sabato bestiale quello del 59enne calabrese, quello vissuto l’8 luglio del 2017. Ricevuta la paga settimanale, presso la ditta per cui lavorava in Malcantone, l’uomo si recò immediatamente a Marchirolo per giocarsela in una sala slot-machine. Questo il suo racconto, almeno, ma pare che il vizio del gioco gli fosse già costato caro, in passato. E infatti perse i soldi alle ‘macchinette’. «Non sapevo più come fare: fossi tornato a casa senza paga... non potevo presentarmi così a mia moglie». Decise così di rientrare in Svizzera, e presso la dogana di Ponte Cremenaga notò il distributore. «Andai in ditta, e presi il primo attrezzo che somigliasse a un’arma – una lama smerigliata –, una coppola e una sciarpa nera e andai al distributore». Cercò malamente di mimetizzare la targa posteriore dell’auto, mettendoci sopra uno straccio. Entrò nel Piccadilly, minacciò la commessa e scappò col bottino. L’indagine seguente alla rapina permise presto di identificare l’auto, e il proprietario, poi finito agli arresti per tre settimane. «Mi dispiace, ricordo ancora gli occhi della commessa...» ha detto in aula. Il procuratore pubblico Moreno Capella aveva chiesto una pena di 14 mesi, l’avvocato difensore Chiara Buzzi da parte sua aveva invocato il ‘caso di rigore’ per evitare al suo assistito l’espulsione dalla Svizzera e la perdita del permesso di lavoro di tipo G. Ma la rapina comporta in automatico un’espulsione, ha spiegato il giudice Amos Pagnamenta, e nel caso del 59enne non vi sono gli estremi di legge per applicare le previste eccezioni. Infine, restano sul conto dell’uomo alcuni ‘debitucci’: un milione di euro solo per la bancarotta fraudolenta della sua società, in Italia, per cui venne condannato a un anno e mezzo di prigione.