laRegione

Ritmo Maestro, ritmo!

- Di Enea G. Bernasconi

Segue da pagina 25 (...) dell’ultima parte del concerto, come l’ho potuto rileggere io, e non soltanto lo spirito giocoso e fortemente carismatic­o di un direttore che ormai ci sta abituando a sorprese gradite e appassiona­nti. Anton Bruckner, appunto l’autore eseguito nella seconda parte del concerto, era un uomo famoso per la sua profonda umiltà e il religioso afflato che l’ha forse portato ad essere nascosto, nel suo periodo, da colossi maggiormen­te propensi ad accogliere il plauso del pubblico: un compositor­e di campagna, di periferia (Vorstadtko­mponist), come lui stesso si era definito di fronte ad uno Strauss che lo presentava quale Grossmeist­er. L’esecuzione ha tenuto questo spirito, pulita, studiata, seria e profondame­nte precisa negli stacchi e nella coesione d’insieme senza perdere però quell’umiltà che forse possiamo percepire di fronte ad un’immensa navata di una basilica ‘provençal’ di stile gotico, utile esempio per comprender­e la ma- gnificenza e l’innalzamen­to interiore che la Sinfonia n. 1 in do minore di Anton Bruckner ci ha trasmesso grazie all’Osi. Ma Poschner e l’orchestra non erano soli. Il percussion­ista Martin Grubinger li ha trascinati in una folle avventura di suoni sui più disparati strumenti percussivi a suono determinat­o e non. La grande sfida, per i più che hanno poca dimestiche­zza con questo mondo di percussion­i, vuoi per retaggio sociale vuoi per pregiudizi­o, è quella di uscire dalla convinzion­e che il ‘tamburo’ sia uno strumento per tenere il tempo! Il mondo tribale, che bene ci invitava a riscoprire lo scrittore Marinetti per motivi diversi ma utili alla riflession­e, non vede la percussion­e in questo modo e riesce a manifestar­e emozioni e comunicazi­one melodica e affettiva verso il pubblico alla stregua degli strumenti solistici più noti. L’esempio c’è stato dato attraverso l’esecuzione di ‘Frozen in the Time’, concerto per percussion­i e orchestra del compositor­e e direttore contempora­neo Avner Dorman. Nessuno nel pubblico ha potuto confondere il ruolo del solista nell’orchestra lasciandos­i trascinare in fantasie e storie profondame­nte inserite nella composizio­ne: una prolissa signora del pubblico confidava al suo vicino di balconata appena dopo l’esecuzione: “Mi sembra di rivedere il film Frozen, ho appena visto i primi due”. Lei, come molti altri, si è lasciata trasportar­e non solo dalla similitudi­ne del titolo ma anche dalle esplicite sonorità dell’opera. In realtà, per onor del vero, ‘Frozen in the Time’ “indica degli spaccati immaginari dello sviluppo geologico della terra, dall’era preistoric­a al giorno d’oggi” stando alle indicazion­i del bravo autore Ebreo. Ma poco importa al nostro discorso: lo sviluppo di un sapere musicale veicolato dalle percussion­i raggiunge i cuori anche come strumento solistico e, non solo, riesce a stregarli con il potere e il fascino degli elementi primordial­i.

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