‘I video? Denunciavo la violenza’
Filmati su Fb, a processo 47enne cittadino turco residente a Lugano. Il pm: ‘Faceva propaganda per l’Isis’
Schermaglia in aula tra difesa (‘Procura in malafede!’) e accusa (‘Parole allarmanti!’)
Dinanzi alla Corte del Tpf, il Tribunale penale federale, dove ieri mattina si è aperto il processo nei suoi confronti, lo ha detto a più riprese: «Sono contro la violenza». Aggiungendo di essere «contrario all’ideologia dell’Isis» e di aver condiviso sul proprio profilo Facebook quei video e quelle foto «per discutere con i miei amici» delle brutalità della guerra, «per difendere i diritti dell’uomo». Non la pensa così il procuratore federale Sergio Mastroianni, che a carico del 47enne cittadino turco, domiciliato a Lugano, sposato, padre di tre figli, musulmano praticante, incensurato, ha chiesto la conferma del decreto d’accusa e delle relative sanzioni (pecuniarie) per rappresentazione di atti di cruda violenza e per violazione della legge del dicembre 2014 che vieta “i gruppi ‘Al Qaida’ e ‘Stato Islamico’ nonché le organizzazioni associate”. Scuole elementari in Turchia, da oltre vent’anni in Svizzera, magazziniere e in seguito addetto alle pulizie (oggi lavora su chiamata), l’imputato era stato fermato nel blitz delle polizie Federale e Cantonale, scattato il 22 febbraio 2017, insieme al cognato, il 32enne dalla duplice nazionalità, svizzera e turca, agente della Argo 1, la ditta di sicurezza alla quale il Dipartimento sanità e socialità aveva affidato, con il noto e controverso mandato, la sorveglianza dei centri per asilanti. Nell’agosto dello scorso anno il Tpf, con rito abbreviato, ha condannato il già dipendente della Argo 1 per aver predicato l’islam radicale e agevolato la partenza verso il Medio Oriente di un paio di aspiranti jihadisti. Ieri nell’aula del tribunale con sede a Bellinzona si è materializzato il 47enne, dopo essere stato indagato a piede libero – per fatti diversi da quelli contestati al cognato – e dopo essersi opposto al decreto emesso in febbraio da Mastroianni.
‘Filmati scioccanti’
Per il magistrato del Ministero pubblico della Confederazione, l’uomo – condividendo tra il settembre 2016 e il febbraio 2017 sei video, finiti online dopo essere stati girati nei territori mediorientali devastati da attentati, uccisioni e torture commessi dal terrorismo di matrice jihadista (filmati «scioccanti», li ha definiti il pm, fra cui uno nel quale compariva “quale logo” la bandiera “usata dallo Stato Islamico”) – aveva «l’intenzione» di fare propaganda a favore dell’Isis. «Sul suo profilo, peraltro pubblico e dunque visibile da chiunque, non ha mai accompagnato video e foto con parole di ferma condanna di quegli atti barbarici», ha commentato Mastroianni. Non solo. Durante l’istruttoria le dichiarazioni dell’imputato «sono state contraddittorie se non inverosimili. Il suo intento era di incitare alla violenza». Da qui la richiesta del procuratore federale alla Corte di ‘convalidare’ la condanna del 47enne al pagamento di una pena pecuniaria (160 aliquote giornaliere da 30 franchi ciascuna), sospesa per un periodo di prova di due anni, e di una multa di mille franchi.
‘Non è emerso alcun indizio’
Ha sollecitato invece il proscioglimento su tutta la linea il difensore del cittadino turco, l’avvocato Costantino Castelli. «Non è stato il mio assistito a postare e a rendere accessibili su internet quelle immagini. E nei social si può condividere, con un clic, senza apprezzare il contenuto – ha osservato il legale –. La sua unica intenzione era di dire basta a tut-
ta questa violenza. Con modalità magari discutibili, ma di certo non vi è nulla di più efficace che mostrare nuovamente un filmato. La condivisione di quei video voleva essere, da parte del mio cliente, un atto di denuncia contro la violenza». Castelli non ha poi risparmiato pesanti critiche al Ministero pubblico della Confederazione e alla Polizia giudiziaria federale. «Ha indagato per mesi in segreto e a fondo, intercettando e pedinando il mio assistito, senza però trovare nulla: non è emerso alcun indizio che lo facesse e lo faccia ritenere vicino
all’estremismo islamico o un suo sostenitore. L’Mpc – ha tuonato Castelli – ha strumentalizzato informazioni contenute nei verbali. È in perfetta malafede, perché sa che questa persona, la quale da quando vive in Svizzera ha sempre lavorato e lavorato duro, non è un integralista e non sostiene l’Isis o altri gruppi terroristici. Vergogna!». Critiche che Mastroianni ha rispedito al mittente in sede di replica. «La difesa è fuorviante e le sue parole allarmanti quando attacca Ministero pubblico della Confederazione e Polizia giudiziaria federale, che non hanno fatto e non fanno altro che applicare la legge!», ha affermato perentorio il pm: «Ma il difensore ha letto il decreto d’accusa?! Quali di questi video ha un ‘valore informativo’?! Il masso fatto cadere sulla testa del prigioniero? Le torture?». L’ultima parola ieri all’imputato: «Non avrei condiviso questi video se avessi saputo che farlo era illegale. Volevo – ha ripetuto – denunciare la violenza». Sarà ora il giudice del Tpf Giuseppe Muschietti a esprimersi. La sua sentenza è attesa per mercoledì 7 novembre.