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È a termine l’ottimizzaz­ione fiscale internazio­nale

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La Luxury goods internatio­nal (Lgi) era già assurta agli onori della cronaca alla fine dell’anno scorso per un’inchiesta della Procura di Milano che riguardava il marchio Gucci, notissimo brand della moda italiana nell’orbita della Kering, casa madre francese di Lgi. La vicenda può essere riassunta in breve con lo stesso schema messo in campo da altri colossi internazio­nali come Apple: il lavoro, la produzione, gli affari e le vendite si svolgono in Italia, ma formalment­e la sede è all’estero. Possibilme­nte dove le tasse pesano meno. In questo caso il ‘paradiso

fiscale’ non è l’Irlanda, come nel caso Apple, ma la Svizzera e precisamen­te il Ticino. Ricordiamo che Lgi, anche se non diffonde dati a proposito, è il primo contribuen­te del Cantone avendo superato da tempo il gettito fiscale garantito negli anni d’oro dalla piazza finanziari­a. Si sussurra, ma non vi è certezza, che l’utile della sola Luxury goods imputato al Ticino sia di oltre un miliardo di franchi, che genera meno di cento milioni di franchi di entrate fiscali per l’erario cantonale. Il filone d’inchiesta seguito dalla Guardia di finanza italiana

e dal procurator­e Stefano Civardi, per quanto riguarda Gucci, è proprio quello dell’estero vestizione: utili in realtà prodotti in Italia, ma tassati in Svizzera. Le imposte ‘eluse’ per la sola Gucci ammontereb­bero a circa 1,3 miliardi di euro (più di 1,5 miliardi di franchi). Una pratica, quella dell’ottimizzaz­ione fiscale internazio­nale (legale con le norme attuali), che dovrebbe avere i mesi contati vista la prossima applicazio­ne nei Paesi Ocse degli standard che mettono al bando i Beps (l’erosione della base imponibile e trasferime­nto degli utili. In inglese ‘Base erosion and profit shifting’), a cui anche la Svizzera ha aderito. È il famoso ‘Progetto fiscale 17’, diventato nel frattempo ‘Riforma fiscale e del finanziame­nto dell’Avs’ (Rffa) e contro il quale è stato lanciato un referendum. Il timore – non confermato dall’azienda, comunque – è che l’entrata in vigore di questo nuovo regime fiscale per le imprese transnazio­nali possa aver accelerato il processo di delocalizz­azione di impieghi annunciato ieri dalla Lgi. Se così fosse, si sarebbe solo all’inizio di una lunga stagione di ristruttur­azioni.

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