Tassazione dei frontalieri, Aureli: ‘Per Roma l’ultimo dei problemi’
Il governo giallo-verde italiano non ha ancora sostituito Vieri Ceriani, l’economista già al vertice del Servizio rapporti fiscali della Banca d’Italia, che su incarico dell’allora ministro delle finanze Pier Carlo Padoan ha gestito le trattative con la Svizzera riuscendo a giungere a un accordo fiscale sul denaro in nero nelle banche svizzere e all’accordo parafato nel dicembre 2015 sul nuovo sistema fiscale dei frontalieri. “È la conferma che per Roma la fiscalità dei frontalieri è l’ultimo dei problemi”, afferma Sergio Aureli, responsabile del sindacato Unia-frontalieri che di Ceriani è stato uno stretto collaboratore. Il sindacalista conferma quanto nei giorni scorsi ha avuto occasione di affermare il consigliere federale Ueli Maurer dopo un incontro a Roma con il ministro italiano delle finanze Giovanni Tria: “Io rimarrò ministro fino al 2031 ed entro quella data ce la faremo (a firmare l’accordo, ndr)”. A questo punto è bene ricordare che sia Di Maio sia, soprattutto, Salvini in occasione del voto politico dello scorso 4 marzo ripetevano che l’accordo penalizzava i frontalieri, per cui l’avrebbero cambiato. Ottantacinquemila frontalieri, quanti sono attualmente quelli che lavorano nei tre Cantoni (Vallese, Ticino e Grigioni), si traducono in 200mila voti. “Se non bastasse il mancato interesse da parte del governo centrale, anche la Commissione regionale lombarda per i rapporti con la Confederazione elvetica, rinnovata nell’aprile scorso, non ha ancora deciso di confrontarsi con le parti sociali – osserva Aureli –. Ci sono problemi legati al frontalierato che ricadono sulle competenze della Regione”. La situazione di stallo non dispiace ai frontalieri, mentre non è gradita a Ticino, Vallese e Grigioni. Non dispiace ai frontalieri e anche ai Comuni di frontiera per il semplice fatto che con l’accordo parafato nel 2015 le tasse sarebbero cresciute in modo significativo per gli stipendi alti. Pagando le tasse in Italia i frontalieri verrebbero a beneficiare di detrazioni e deduzioni fiscali con importanti effetti sul reddito imponibile e quindi sull’imposta da pagare. Non piace ai tre Cantoni svizzeri di frontiera in quanto se fosse sottoscritto l’accordo del dicembre 2015 incasserebbero fra i 16 e 18 milioni di franchi in più rispetto a quanto attualmente trattengono dalla busta paga dei frontalieri. La somma più consistente che si aggira attorno ai 12 milioni di franchi riguarda ovviamente il Canton Ticino dove sono occupati 63mila frontalieri sul totale di 85mila. I ristorni dello scorso anno dal Ticino sono stati di 83 milioni di franchi, pari al 38,8% del totale, per cui il 61,2% non si è mosso dal Bellinzona. Col nuovo accordo in Ticino sarebbe dovuto rimanere il 70% delle tasse pagate dai frontalieri.