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Il Challenge è servito

A Lugano si brinda alla promozione, e il Ticino torna nell’anticamera dell’élite nazionale. Galli: ‘Proveremo a difenderci’.

- Di Christian Solari

Sarà anche un piccolo passo, ma è di quelli significat­ivi: nel 2019 il Ticino avrà di nuovo una società in Challenge League, l’anticamera dell’élite nazionale. E il merito è dei velisti del Cvll, che dopo aver dominato sul Lemano l’atto conclusivo della Terza Lega, la cosiddetta Promotion, hanno centrato la promozione in quello che può essere considerat­o il campionato svizzero di vela, siccome a sfidarsi sono i circoli sparsi un po’ in tutto il Paese, e non singoli velisti. «È un progetto che ha vissuto una rapida espansione – dice Nicola Galli, presidente del Circolo velico Lago di Lugano –. Tanto che l’elevato numero di domande d’iscrizione ha indotto Swiss Sailing a creare anche una Promotion League, al di sotto di Super e Challenge». Dove, l’anno prossimo, ci sarete anche voi. «Senz’altro è un ottimo risultato, non solo perché al termine della prima stagione abbiamo centrato la promozione, ma pure perché un po’ abbiamo improvvisa­to – ride –. Ora vedremo cosa ci riserverà la Challenge, e proveremo a difenderci in un contesto nuovo, ma che indubbiame­nte sarà di livello maggiore. E, anche pensando a questa nuova avventura, vogliamo avviare un progetto dedicato ai velisti che parteciper­anno alla competizio­ne. Di cui, tra l’altro, ospiteremo una tappa proprio qui a Lugano, a fine aprile». Un campionato, la Swiss Sailing League, alla cui base c’è un concetto piuttosto atipico: gli equipaggi si presentano alle regate senza barche al seguito... «Qui si va oltre il concetto di classe: difatti parliamo di imbarcazio­ni uguali per tutti (si tratta del mo-

notipo J/70, una barca di quasi 7 metri che oltre a essere veloce è anche piuttosto leggera, ndr), ma che lo sono nel vero senso del termine. Infatti sono tutte di proprietà della Swiss Sailing League, che le prepara per ogni regata assegnando­ne una a ciascun equipaggio, a rotazione, con la formula del sorteggio. Di conseguenz­a è un continuo salire e scendere dalle barche – sorride –, anche perché parliamo di regate di appena quindici minuti, che sono un mix tra flotta e match race. E in cui, soprattutt­o, vista la loro breve durata, ogni errore lo paghi». Trattandos­i sempre delle medesime (sei) barche, a fare la differenza sono quindi gli equipaggi. «Non soltanto a livello di bravura:

conta molto anche l’affiatamen­to, oltre che l’allenament­o. Nel caso di una J/70 parliamo pur sempre di quattro persone che devono muoversi con una buona coordinazi­one, siccome durante qualsiasi manovra ognuno ha il suo compito da eseguire e deve farlo al momento giusto, in armonia con gli altri. Altrimenti si perdono secondi preziosi a ogni strambata. Non dimentichi­amo infatti che, se un equipaggio con poca dimestiche­zza ogni qualvolta si mette a virare lascia per strada dei secondi, uno davvero bravo riesce invece a guadagnarc­i, accelerand­o grazie alla manovra». Insomma: un conto è navigare in solitaria, un altro in equipaggio. Ciò che, pensando alla formazione,

potrebbe essere attrattivo per i più giovani. «Infatti è qualcosa di interessan­te su cui ci siamo messi a ragionare. Il fatto, però, è che per i ragazzi le barche da equipaggio non sono molte. È vero, ci sarebbero le 420, che però sono imbarcazio­ni per due velisti, e che a Lugano, purtroppo, per motivi diversi, non abbiamo più. Tuttavia, è vero, quello dalla barca singola alla barca da equipaggio è un passaggio importante, e stiamo cercando di capire come aiutare i giovani a effettuarl­o». Intanto le J/70 continuano a prendere sempre più piede, anche da noi. «Naturalmen­te, ciò fa sì che il livello cresca. Lo dimostrano, del resto, i piazzament­i ottenuti dagli equipaggi svizzeri

al Mondiale di classe in Sardegna, l’anno scorso. Realtà come quelle della Société nautique di Ginevra o del Regattaclu­b Oberhofen, solo per fare due esempi, vanno forte sul serio». Quel gap, lo si può ridurre? «Diciamo che tutto parte dall’organizzaz­ione del settore agonistico. A Ginevra, ad esempio, c’è un sistema collaudato che porta i giovani ad abbracciar­e l’agonismo preparando­li a regatare ad alti livelli. Noi ci stiamo lavorando, ma a livello di Optimist e Laser la nostra scuola ottiene davvero buoni risultati. Semmai, appunto, ci manca ancora il passaggio alla barca da equipaggio. Che, però, avviene un po’ più in là con l’età, cioè tra i sedici e i diciott’anni».

 ??  ?? Agonismo, però, fa anche rima con formazione. ‘Vogliamo aiutare i giovani al passaggio dalle barche singole a quelle da equipaggio’
Agonismo, però, fa anche rima con formazione. ‘Vogliamo aiutare i giovani al passaggio dalle barche singole a quelle da equipaggio’

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