Politica senza volto
Il Tribunale federale costringe il Gran Consiglio ticinese a correggere la legge contro la dissimulazione del viso (definita spesso anche ‘antiburqa’) accogliendo i ricorsi di due giuristi ticinesi. Per l’Alta corte di Losanna, la normativa cantonale deve prevedere eccezioni al divieto anche per ragioni politiche, commerciali e pubblicitarie.
Consiglio di Stato e Gran Consiglio dovranno rimettere mano alle leggi contro la dissimulazione del volto. Dovranno, in pratica, aggiornare il catalogo delle eccezioni previste dalla normativa, aggiungendovi almeno le manifestazioni di carattere politico, commerciale e pubblicitario. In pratica in Ticino dovrà essere possibile, ad esempio, indossare una maschera antigas quando si dimostra contro le armi chimiche o utilizzare una mascotte per promuovere un prodotto. A dirlo è il Tribunale federale dando così parzialmente ragione ai giuristi ticinesi Filippo Contarini e Martino Colombo che, a maggio 2016, si erano rivolti all’alta corte di Losanna per chiedere l’annullamento della legge sulla dissimulazione del volto e dei correttivi a quella sull’ordine pubblico. Norme varate dal Gran Consiglio per attuare l’iniziativa costituzionale promossa da Giorgio Ghiringhelli e approvata dal popolo nel 2013. Nella sua decisione, il tribunale non ha ritenuto di dover annullare le disposizioni, come chiesto dai ricorrenti. Ha anzi confermato la legittimità di impedire, per ragioni di sicurezza e ordine pubblico, alle persone di nascondere il proprio volto. I giudici hanno tuttavia ritenuto che l’elenco delle eccezioni previste dalle norme ticinesi fosse troppo ristretto, tanto da ledere le libertà economiche e politiche qualora questo non venga debitamente esteso. Cambiamenti su cui si dovrà ora chinare il governo, prima, e il parlamento poi. “Spetterà al legislatore cantonale scegliere la formulazione più appropriata”, rileva l’Alta corte. Nel frattempo le due leggi rimarranno in vigore. «Quando è stata chiesta l’introduzione di questo divieto, gli iniziativisti hanno giocato con i simboli e si sono dimenticati della cultura svizzera – rileva da noi contattato Filippo Contarini –. Con questo ricorso intendevamo affermare la nostra libertà come cittadini elvetici». Paradossalmente, aggiunge il giurista, «secondo questa legge, lo stesso Ghiringhelli non potrebbe più, come fatto durante la raccolta delle firme per l’iniziativa, impiegare una comparsa con indosso un burqa. L’attività politica non rientra infatti nelle eccezioni previste dalla legge». Un divieto, quella della dissimulazione del viso, che voleva in qualche modo colpire l’uso di veli da parte delle donne islamiche, ma che queste possono aggirare con una semplice mascherina sanitaria (perché tale eccezione è prevista), «mentre limita i diritti politici degli svizzeri, senza possibilità di eccezione», prosegue Contarini. «Sono ateo, contrario al burqa e all’estremismo islamico, ma la cultura di un Paese non viene fatta tramite il diritto penale. La si fa affermando i nostri principi», sottolinea ancora, rilevando comunque come i ricorsi non vertessero sulla questione religiosa. Soddisfatto anche l’altro ricorrente: «Abbiamo sempre sostenuto che una singola persona che manifesta un’opinione politica portando una maschera non sia pericolosa, come invece sostenevano governo e parlamento ticinesi. Dandoci ragione, il Tribunale federale in fondo conferma questa nostra visione», rileva Martino Colombo.
‘Gli stessi problemi anche nella legge federale’
La sentenza del Tf, resa pubblica ieri dai ricorrenti ed anticipata dalla Rsi, potrebbe avere effetti anche su due altri testi di legge che si prefiggono lo stesso scopo. Il primo è il divieto di dissimulare il volto approvato lo scorso 23 settembre dai due terzi dei sangallesi. Il secondo è legato all’iniziativa popolare “Sì al divieto di dissimulare il proprio viso” lanciata a livello federale. Iniziativa formalmente riuscita. In entrambe i casi, rileva Colombo, «ci si è ispirati al testo ticinese». Potrebbero quindi presentare gli stessi problemi evidenziati dal Tribunale federale nella sentenza diffusa ieri. La legge sangallese potrebbe quindi dover essere modificata come quella ticinese, pena subirne lo stesso ‘destino’. Diverso il caso a livello federale, dove l’iniziativa costituzionale deve ancora passare dalle camere. A riguardo il Tf non potrebbe comunque pronunciarsi.