Per le Pen le europee si allontanano
Parigi – Le elezioni europee si avvicinano, ma non per Marine le Pen. La leader dell’estrema destra francese si è vista riformulare l’ipotesi di reato per i falsi impieghi all’Europarlamento in “distrazione di fondi pubblici”. Se finora la presidente del Rassemblement National rischiava tre anni per “abuso di fiducia”, la nuova accusa – dovesse risultare confermata – comporterebbe una condanna fino a dieci anni con, in aggiunta, una disposizione di ineleggibilità. A riqualificare i reati ipotizzati, dopo che la leader dell’ex Front National ha rifiutato di rispondere, ci hanno pensato i pm Claire Thepaut e Renaud Van Ruymbeke. Le Pen, che si professa “totalmente innocente”, ha spiegato di non aver risposto perché in attesa della decisione della Cassazione su un suo ricorso. Già nel giugno 2017 non aveva risposto, limitandosi a una dichiarazione in cui contestava l’accusa di falsi impieghi, cioè di suoi assistenti parlamentari pagati dal parlamento di Strasburgo mentre lavoravano per lei e per il partito. Per Le Pen, la magistratura “non può farsi arbitro della sostanza del lavoro politico di un deputato senza violare il principio della separazione dei poteri”. Così ha informato i giudici che risponderà quando la Cassazione avrà deciso sulla richiesta di annullamento dell’intera procedura. I giudici lavorano sul caso da due anni e hanno studiato l’ipotesi di un sistema organizzato dal Front National per finanziarsi con i fondi che l’Europarlamento garantisce per gli assistenti parlamentari dei vari eurodeputati. L’indagine ha coinvolto 17 deputati e una quarantina di collaboratori parlamentari. Il danno alle casse europee sarebbe di quasi sette milioni di euro. Un milione è già stato sequestrato sui fondi pubblici destinati al partito, già indebitato. Le Pen, che denuncia di essere oggetto di un accanimento, teme gravi difficoltà finanziarie “entro 10 giorni” se un altro milione, preventivamente posto sotto sequestro ma poi sbloccato dalla corte d’Appello, non sarà restituito alle casse del partito. Potrebbe chiedere a Salvini, rateizzando la restituzione del maltolto in una fracca di comode rate.