Dieci chili di ‘ero’, ma è assolto
Il padre dell’albanese che lo scorso gennaio era stato condannato a 5 anni Il 62enne partecipò ai viaggi della droga ma sarebbe stato all’oscuro di tutto. Disposto un risarcimento di 15’200 franchi per indebita carcerazione: ieri è stato subito liberato
Alla fine di luglio era andato a trovare il figlio in carcere, finendo per restare lui stesso... alloggiato alla Stampa, accusato di un grosso traffico di eroina. Ieri però e stato il giorno della liberazione per un 62enne albanese residente a Matera, in Italia. Le Assise Criminali di Lugano lo hanno prosciolto dall’accusa di infrazione aggravata alla legge federale sugli stupefacenti. Si può parlare di un colpo di scena dal momento che la pubblica accusa aveva chiesto una pena di 4 anni e un’espulsione effettiva di almeno 10 anni dalla Svizzera. Al centro della vicenda dieci chili di ‘ero’ portati da Milano a San Gallo fra il marzo e il giugno dell’anno scorso. Sotto la lente della Procura erano finiti una serie di viaggi fra il Sud Italia, l’Albania, Milano e infine San Gallo, luogo di consegna dello stupefacente, destinato probabilmente allo spaccio in Svizzera tedesca. L’eroina veniva occultata in un vano dell’auto; questo non ha messo del tutto al sicuro il figlio dell’imputato, infine scoperto con 5 chili di eroina in macchina e subito incarcerato. Per lui, già pregiudicato per altri fatti di droga, lo scorso gennaio è arrivata la condanna a 5 anni di carcere. Delle tre spedizioni incriminate, solo le prime due hanno vista l’effettiva partecipazione dell’imputato in compagnia del figlio. Il terzo viaggio vede il 62enne implicato in quanto comproprietario dell’auto impiegata. Ci sarebbe anche una traccia di Dna, rivelatasi però di difficile lettura.
Tratto in arresto durante
la visita alla Stampa
E così, per visitare il figlio incarcerato, il 62 enne albanese viene in Ticino. Tre volte: in occasione della sua ultima apparizione, per lui scattano le manette e si trova dall’altra parte delle sbarre. Ieri a processo ha tentato di spiegare il suo disappunto nei confronti del figlio: «Ho chiesto che non fosse messo nella cella accanto alla mia». Per contro il figlio preferiva effettuare i trasporti di droga accompagnato dai parenti, o dalla fidanza, così ha spiegato, per dare meno nell’occhio. Dopo aver fatto finire nei guai la compagna, è così toccato al genitore, che ieri è apparso abbastanza provato dal periodo di detenzione, iniziato il 29 luglio scorso. Ultimamente ha accusato anche un problema di salute, in piccolo ictus, che non gli ha comunque impedito di comparire a processo. Fino all’ultimo si è professato innocente, sostenendo di non essere al corrente del fatto che in
macchina vi fosse della droga occultata. Il suo legale, l’avvocato Sabrina Aldi ne ha perciò chiesto l’assoluzione e un indennizzo per il periodo in prigione e per torto morale. La Corte, presieduta dal giudice Marco Villa (giudici a latere Renata Loss Campagna e Brenno Martignoni Polti) per finire ha ravvisato la
mancanza di prove certe a carico del 62enne, non accogliendo l’atto d’accusa del procuratore pubblico Chiara Borelli. Decisiva la valutazione delle deposizioni rese a suo tempo dal figlio, ritenute credibili. In definitiva gli indizi a sostegno dell’accusa, secondo cui il 62enne era il vero organizzatore del
traffico, non hanno portato «sufficienti estremi di reato», per dirla con le parole del giudice Villa. L’imputato riceverà inoltre 15’200 franchi come risarcimento per indebita carcerazione. La procuratrice Borelli non intenderebbe presentare ricorso in Appello contro questa assoluzione.