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Socialità e fiscalità: le contraddiz­ioni delle deduzioni fiscali

- Di Ivo Durisch, capogruppo Ps in Gran Consiglio

Da un punto di vista economico, una delle principali funzioni riconosciu­te allo Stato è la ridistribu­zione della ricchezza. Con questa funzione si vogliono correggere le distorsion­i distributi­ve causate dall’economia privata. Questa funzione è centrale alfine di contenere le diseguagli­anze, di favorire la coesione sociale, di promuovere i diritti delle persone e con essi la democrazia come pure la ricchezza e il benessere del Paese. Per svolgere questa funzione lo Stato da una parte, segnatamen­te tramite le imposte, si procura le risorse necessarie innanzitut­to in base al reddito delle persone con un’aliquota progressiv­a. Chi è ricco paga un’imposta maggiore non solo perché il suo reddito è maggiore, ma anche perché la percentual­e utilizzata per il calcolo dell’imposta aumenta con il crescere della ricchezza: l’imposta pagata per 1 Fr. di reddito aumenta con il crescere del reddito. D’altra parte lo Stato usa queste risorse per mettere a disposizio­ne dei beni e delle prestazion­i. Beni e prestazion­i a cui tutti hanno accesso, indipenden­temente da quanto hanno pagato con le imposte. Un esempio è la scuola pubblica obbligator­ia. Le risorse fiscali sono poi utilizzate per degli aiuti specifici. Senza aiuti l’accesso a dei beni o delle prestazion­i per le fasce di persone con reddito limitato può essere problemati­co o non dato. I contributi ai premi casse malati sono un esempio. Una regola fondamenta­le per gestire correttame­nte la funzione di ridistribu­zione della ricchezza è di mantenere ben separati il compito di prelevare le risorse (la fiscalità) da quello della loro utilizzazi­one (le spese dello Stato) come ad esempio per la socialità e la sanità. Quando per contro si pretende di usare la fiscalità non solo per procurarsi le risorse, ma anche per rispondere a dei bisogni, si imbocca una scorciatoi­a che porta in un vicolo cieco. La prima conseguenz­a negativa è la perdita della trasparenz­a, dell’informazio­ne e quindi del controllo e della guida dell’azione dello Stato. Le conseguenz­e negative diventano estreme quando si usano le “deduzioni fiscali” uguali per tutti per rispondere a dei bisogni. Questo uso porta allo smantellam­ento della funzione di ridistribu­zione dello Stato. Per capirlo bisogna avere in chiaro cosa è una “deduzione fiscale”. Con deduzione s’intende una riduzione del reddito in base al quale si calcola l’imposta da pagare. La diminuzion­e dell’imposta da pagare per il contribuen­te a seguito di una deduzione è dunque tanto più grande quanto maggiore è il reddito, e questo senza limite, mentre diventa sempre più piccola fino ad azzerarsi quanto minore è il reddito del contribuen­te. Di fatto con le deduzioni si opera al contrario di quanto spiegato per il prelievo delle imposte. In pratica si tende a ritornare alle disparità di reddito iniziali prima del prelievo delle imposte. In questo modo al posto di dare una risposta mirata al “necessario”, dove c’è un bisogno, si premia il non bisogno, il non utile, si sprecano le risorse. Facciamo un esempio per il Ticino: un contribuen­te con un figlio a carico e un reddito di 1’000’000 di franchi, grazie alla deduzione forfettari­a di 11’100 franchi, ottiene un risparmio di imposta (cantonale e comunale) di 3’300 franchi. Un contribuen­te con un figlio a carico e un reddito di 20’000 franchi, invece ottiene un risparmio di nemmeno 100 franchi. Da notare che le deduzioni, diversamen­te dai contributi, sono accordate indipenden­temente dalla sostanza: anche un miliardari­o ne beneficia. Eppure il Canton Ticino ha il primato svizzero delle deduzioni per figli e per gli oneri assicurati­vi. È nota l’ondata di incrementi di queste deduzioni dei pacchetti di sgravi di inizio 2000. A livello cantonale l’ultima iniziativa di attualità è quella dell’Udc per i premi cassa malati. Questo uso non appropriat­o delle risorse per le deduzioni menzionate (dato 2016) comporta un’incidenza finanziari­a negativa per il Cantone e i Comuni di ben 355,9 milioni di franchi all’anno. Un importo ben superiore alla spesa per i sussidi ordinari ai premi cassa malati e per gli assegni figli di complement­o. Curioso che a promuovere queste misure per i ricchi, il non bisogno, sono le forze politiche che da decenni accusano lo Stato di sprecare le risorse, mentre le stesse hanno di recente tagliato i sussidi mirati ai bisogni.

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