laRegione

Il dovere di combattere l’odio

Incontro con Laura Boldrini, ospite del Festival diritti umani di Lugano

- di Ivo Silvestro

Da sempre impegnata per i diritti umani, e pesantemen­te attaccata da quando ha lasciato le Nazioni Unite per la politica, Laura Boldrini ha sottolinea­to l’importanza di non nasconders­i, ma tenere sempre alta la testa

«I diritti umani sono fondamenta­li per l’evoluzione dell’umanità, sono irrinuncia­bili: non si negozia su questo». Poco importa che parlasse del ministro dell’interno Matteo Salvini che pone fine all’esperienza di accoglienz­a e integrazio­ne di Riace, del degrado del dibattito politico italiano ed europeo, delle sofferenze dei minori non accompagna­ti o dei duri attacchi che, anche adesso che non è più presidente della camera, continua a subire; la forza, la determinat­ezza e la passione mostrate da Laura Boldrini ieri, durante l’incontro con la stampa per il Film festival diritti umani di Lugano, sono sorrette da questa convinzion­e: l’irrinuncia­bilità dei diritti umani. Il che è anche una risposta, indiretta, alle accuse mosse da un domenicale che accusa il festival di fare politica: non è propaganda, bensì umanità.

‘Non potevo restare zitta’

Laura Boldrini ha lavorato per 25 anni alle Nazioni Unite, di cui 15 all’Alto commissari­ato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Finché «nel 2012 decisi di accettare la proposta di candidarmi alle elezioni politiche come indipenden­te, perché pensavo che fosse arrivato il momento di mettere la mia esperienza al servizio del Paese», diventando, come accennato, presidente della Camera dei deputati. Subendo pesanti attacchi e diventando la vittima preferita di fake news. «Un attacco su più piani: invenzioni di bufale, tentativi di delegittim­azione, minacce di morte, proiettili che arrivavano via posta, minacce alla mia famiglia, a mia figlia» ha spiegato ieri. «È stato pesante, non posso negarlo. Specialmen­te quando tua figlia, che ha vent’anni, vede sua madre che nei fotomontag­gi viene decapitata, stuprata in tutti i modi… non faceva bene a lei, chiarament­e neanche a me, ma a lei soprattutt­o». Ma, prosegue Boldrini, «ha capito che bisognava andare avanti e non mi ha mai chiesto di fare un passo indietro». E Laura Boldrini è andata avanti, come hanno fatto e fanno «tante altre persone che vivono la mia stessa condizione, specialmen­te le donne: quando le donne non si nascondono ma alzano la testa, diventano insopporta­bili, perché per una cultura maschilist­a e retriva è una insopporta­bile provocazio­ne». L’impegno per la parità di genere è del resto stato uno dei temi della sua attività politica: «Come terza carica dello Stato, dovevo occuparmi delle donne, dei loro diritti, della lotta agli stereotipi, del linguaggio sessista». Con gli avversari che si sono inventati bufale come quella della “presidenta” – nome che lei non ha mai chiesto di usare. Ed è solo un piccolo esempio dell’odio, «quell’odio che ci sta divorando, che sta rovinando il nostro modo di relazionar­ci, l’odio che inquina i rapporti, inquina la politica, inquina la

rete: ho organizzat­o tavoli di lavoro, ho realizzato con la ministra dell’istruzione un progetto di educazione civica digitale nelle scuole e ho denunciato gli ‘haters’». Denunciato – «alla fine del mio mandato, così che nessuno potesse parlare di abuso

di potere» –, perché «le persone che insultano, minacciano e ti buttano addosso le schifezze ne devono rispondere: l’ho fatto pubblicand­o alcuni dei loro nomi, li ho anche chiamati a casa. E avevano paura a venire al telefono, mandavano la

moglie o la madre!». Reagire, anche perché «ai ragazzi dobbiamo mandare dei messaggi: come faccio ad andare nelle scuole a dire “se siete oggetti di bullismo dovete dirlo” se poi io, la più bullizzata del Paese, stavo zitta?».

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SALVATORE VITALE Laura Boldrini tra direttore (Antonio Prata, a sinistra) e presidente (Roberto Pomari) del festival

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