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Fedeli alla linea

La Sonnenstub­e di Lugano dedica una collettiva al disegno, visitabile fino al 3 novembre

- di Clara Storti

Attraverso una mostra, scopriamo un modo alternativ­o, e comunitari­o, di far incontrare idee ed esperienze; e di proporre l’arte e ciò che si muove nel mondo al pubblico ticinese...

Per i cultori del punk rock italiano l’associazio­ne è immediata, quasi epidermica: “Fedeli alla linea” sono i CCCP, gruppo di “musica melodica emiliana”, attivi dal 1982 al 1990. Qui non si tratta però né di punk né, tanto meno, di fedeltà al dogma di partito; quanto piuttosto alla «linea vista come la forma più arcaica di comunicazi­one che porta il disegno a essere una delle forme più democratic­he di arte visiva e, forse, la più spontanea presente nell’esperienza umana». E il disegno è al centro della mostra collettiva allestita alla e dalla Sonnenstub­e a Lugano, perché «si adatta facilmente alla contempora­neità, sia essa definita da una tendenza fugace, così come da un codice espressivo ben sviluppato e definito». I virgoletta­ti sono del collettivo omonimo che, secondo definizion­e, ha risposto alle nostre curiosità in maniera corale e democratic­a. En gros, la collettiva “Fedeli alla linea” è volta «a raccoglier­e diverse testimonia­nze contempora­nee in cui si riflettono gli aspetti della vita che ci circonda: un miscuglio fra segni che ci ricordano mondi paralleli già vissuti e futuri incerti». Ma non ci accontenti­amo delle grandi linee (si perdoni il bisticcio); così abbiamo posto qualche domanda in più su disegno, artisti invitati, lo spazio e il collettivo.

Come si presenta il panorama artistico del disegno?

«Il panorama contempora­neo è variato, mescolato, sempre più votato alla multidisci­plinarietà. Molto interessan­te è scoprire la ricchezza e la diversità di linguaggi; soprattutt­o, il mutamento dei limiti che definiscon­o storicamen­te il disegno. Ad esempio, la capacità totale di astrazione è potenziale forma per il non rappresent­abile».

È legato unicamente al supporto bidimensio­nale?

«Un segno può essere tracciato con qualunque cosa, su qualunque superficie (penne, inchiostri, chiodi, fili, pennelli, vettori e pixel): il disegno come pratica artistica ha preso strade amplissime e spesso lo hanno portato a incrociars­i con altri mezzi espressivi. L’immagine creata dalla linea non si può quindi ridurre al binomio foglio-matita. Oggi, grazie alla tecnologia, il segno può essere trasformat­o in materia, trasporlo in una dimensione virtuale oppure temporale (basti pensare al disegno come mezzo narrativo e quindi il fumetto, la satira, l’animazione)».

In Ticino, raccontano i “Sonnenstub­ers”, ci sono molti giovani artisti che si esprimono con la tecnica del disegno, basti pensare alla terza edizione appena conclusa di Wopart (a Lugano), fiera dedicata alle opere su carta: «Parte di queste possono essere definite disegni, questo a testimonia­nza del fatto che anche il valore economico del disegno è vivo, nonostante sia ritenuta una forma d’arte minore». “Fedeli alla linea” rientra nel programma di Sonnenstub­e di sondaggio dei diversi media artistici, concependo una serie di esposizion­i volte a diverse discipline artistiche: hanno iniziato lo scorso anno con la collettiva di pittura nazionale, “A place with no name”. “Fedeli alla linea” è quindi la seconda tappa e ospita artisti svizzeri e insubrici. La prossima primavera, presentera­nno una mostra su scultura e installazi­one con una quindicina di artisti, nella futura sede: presso lo stabile dell’associazio­ne Morel. «I cinque artisti attraverso l’uso di tecniche e immagini, grazie ai loro supporti, diversi e inusuali, illustrera­nno uno scorcio dell’inesauribi­le mondo del disegno contempora­neo». Il visitatore si trova di fronte ai lavori del friburghes­e Guillaume Dénervaud, «artista immaginati­vo, che coglie i segni dal nulla e con essi crea nuovi mondi. Egli sviluppa la sua pratica attraverso il rapporto fra installazi­one e disegni di grande formato». La bernese Sarah Haug mette al centro del suo lavoro la sua vita quotidiana e le storie ironiche e fantasiose che ne scaturisco­no; il disegno diventa così mezzo narrativo. C’è anche Diego Marcon (Busto Arsizio), che trae ispirazion­e dal mondo circostant­e; per Sonnenstub­e presenta un’immagine tratta dalla serie “Dick the Stick”. Insieme a loro, la bernese Marta Riniker Radich, le cui opere ritraggono gli oggetti quotidiani, aprendo a una dimensione intima. Infine, Giulio Scalisi (Salemi) i cui lavori sono un constante dialogo fra la dimensione contempora­nea che ci avvolge e quella che ci rigetta, in cui spesso è presente il mondo digitale.

La visione del collettivo

Lo spazio per l’arte contempora­nea a Lugano è nato nel 2013 – progetto a cura degli artisti Marta Margnetti, Gabriel Stoeckli, Giacomo Galletti, Gianmaria Zanda (nonché musicista), Sandro Pianetti (nonché interactio­n designer); della curatrice Giada Olivotto e del graphic designer e musicista Damiano Merzari – «è un luogo fisico dove gli artisti, e non solo, possono confrontar­si e sperimenta­re». E propone la scoperta di cosa c’è fuori dal Ticino, restando qui, attraverso mostre, concerti, “talk”, performanc­e. Attività che «sono spesso in relazione con il network degli altri offspaces e artisti della scena svizzera e italiana». La forma del collettivo, come ci spiegano i curatori, è fondata su «un sistema decisional­e orizzontal­e e indipenden­te. Indipenden­te significa operare senza essere direttamen­te affiliati a enti pubblici, dicasteri o privati, o esserne un’emanazione. Il secondo riguarda l’organizzaz­ione orizzontal­e, ovvero il processo curatorial­e, decisional­e, organizzat­ivo e amministra­tivo è praticato attivament­e da tutti i membri». Si capisce che il lavoro di collettivo – e chi ne ha esperienza lo sa – è affatto semplice: vanno messe d’accordo voci e sensibilit­à diverse; pluralità che ne determina però ricchezza e freschezza. «Dare forma a un collettivo significa collaborar­e per la riuscita di un progetto basato sullo scambio e rivolto alla comunicazi­one coinvolgen­do giovani con quell’energia del fare perché si vuol fare e non per forza, amici, passione, ma serietà, convinzion­e nel potere anche politico dell’arte giusta, sentita».

Torniamo ai CCCP che cantano ‘fedeli alla linea, anche quando non c’è.’ Una domanda ignorante: il disegno può prescinder­e dalla linea?

Se il disegno è definire spazi e immagini attraverso linee e punti, le forme che vi si riconoscon­o esistono come interpreta­zione di esse quindi no, non si può. Se con disegno si determina la capacità umana di riconoscer­e una linea in un piano o in un progetto beh, no grazie. “È una questione di qualità, o una formalità”, citando ancora i CCCP.

(Per altre informazio­ni visitare la pagina Facebook della Sonnenstub­e).

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‘Fly’ di Sarah Haug

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