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Sulla via che porta al trono

Il cambio al vertice delle gerarchie mondiali è in fase di definizion­e: sullo slancio di Shanghai, Djokovic incalza Nadal

- Di Marzio Mellini

I numeri parlano chiaro. Preceduti – e confortati, nella loro espression­e contabile – dalla qualità delle prestazion­i: Novak Djokovic merita ampiamente di essere tornato ai vertici del tennis, a ridosso della prima posizione occupata da Rafael Nadal, ai box dopo gli strapazzi della stagione sul ‘rosso’, non a caso dominata, anche se a caro prezzo. Numero due da oggi, il serbo non ha però ancora completato una rimonta che per lui, e per il suo orgoglio ferito da molti mesi di difficoltà e di sconfitte, si concretizz­erà per davvero solo quando avrà scalzato Rafa dal trono mondiale, reimposses­andosi di quello scettro che a lungo aveva tenuto in mano, a suon di vittorie in ogni dove. Nulla hanno potuto Alexander Zverev e Borna Coric, caduti a Shanghai in semifinale e finale di un torneo che ha una volta di più evidenziat­o gli attuali limiti di tenuta e tecnici di un Roger Federer mai del tutto convincent­e, in grado di andare comunque lontano, ma non più letale abbastanza, quando il torneo entra nel vivo e in lizza rimangono solo quelli più forti, o in forma. Prova ne sia l’uscita di scena in semifinale contro Coric, vincitore con pieno merito, in pieno controllo di una partita senza storia, indirizzat­a verso un successo del giovane croato sin dalle prime schermagli­e, a sua volta arresosi alla netta superiorit­à di Djokovic in una finale altrettant­o a senso unico, vinta da Nole 6-3 6-4. «Ho sempre giocato molto bene in Cina, dove ho vinto il mio primo Masters di fine anno (proprio a Shanghai nel 2008, ndr) e questo ha con- tribuito a farmi diventare il gio- catore che sono oggi – ha dichia- rato il 31enne serbo –. L’obiettivo finale è riconquist­are il posto di numero uno al mondo entro la fine dell’anno». Ormai è più di una sensazione che Federer sia una tacca sotto il livello che gli permettere­bbe di tornare a vincere un grande appuntamen­to. Non che non debba accadere nei prossimi appuntamen­ti del calendario, ma il sorpasso di Djokovic altro non è che lo specchio degli attuali tempi: l’uno è in splendide condizioni di forma, in fiducia e in netta ascesa, l’altro gioca bene e

Aspirante re, con tutti i requisiti del caso

basta, e in fondo al percorso da vincitore non ci arriva più. Memorabile fu il suo trionfo a Melbourne, ormai nove mesi fa; meno clamorose le vittorie a Rotterdam e Stoccarda. Ne consegue che la lotta per il trono mondiale si riduce a Nadal contro Djokovic, posto che le carte in mano migliori le ha il

serbo, non fosse che per lo slancio con cui entra nella porzione conclusiva di una stagione che lo ha visto risorgere, e che invece riproporrà il rivale spagnolo all’ennesimo rientro con mille incognite dopo un lungo stop, con tutte le conseguenz­e del caso in quanto a ritmo e abitudine alle partite. Oltretutto in contesti ambientali (superfici dure e palazzetti) che di certo non esaltano le qualità del numero uno al mondo, che il meglio di sé lo ha sempre dato alla luce del sole e sull’amata terra battuta. L’avvicendam­ento al vertice delle gerarchie mondiali si sta compiendo. È ormai solo una questione di tempo.

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