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‘San Pietro’ e la meteora Serodine

- Di Mariangela Agliati Ruggia

In occasione dell’Anno europeo del patrimonio culturale, e della mostra “Il patrimonio si racconta” al Castello di Sasso Corbaro a Bellinzona fino a domenica, ospitiamo un intervento di Mariangela Agliati Ruggia, direttrice della Pinacoteca Giovanni Züst di Rancate. Caravagges­co, di grande forza allegorica, evocativo al massimo grado. Si tratta del ‘San Pietro in carcere’, un dipinto di Giovanni Serodine: Roberto Longhi lo descrisse come «una capsula di dinamite gettata in un fornello» e non era troppo lontano dall’impression­e (…)

Segue dalla Prima (…) che molti ricavano da questo che è forse il quadro più famoso del Ticino. Una tela che, in questi giorni, è anche l’oggetto-faro con cui la Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate partecipa all’esposizion­e “Il patrimonio si racconta”, organizzat­a al Castello di Sasso Corbaro a Bellinzona in occasione dell’Anno europeo del patrimonio culturale. Il quadro, acquistato da Giovanni Züst nel 1948, proveniva dalla storica collezione luganese Grecchi Luvini e rischiava a quell’epoca di lasciare per sempre il Cantone Ticino. Erano infatti già state avviate trattative per venderlo Oltreocean­o, fatto che avrebbe costituito una grave perdita per il patrimonio artistico ticinese. Nel corso degli anni il nucleo dei dipinti di Serodine custodito alla Pinacoteca Züst è andato aumentando. Accanto al ‘San Pietro’ si contano altre tre tele, facendo di Rancate un vero e proprio polo “serodinian­o”: a lui sono infatti attribuite con certezza meno di venti opere in tutto il mondo. Giovanni Serodine, originario di Ascona, fu uno dei massimi artisti del Seicento europeo. Lo storico dell’arte Wilhelm Suida lo ha descritto come «una luminosa meteora improvvisa­mente apparsa e troppo presto spentasi». Il pittore muore infatti a soli 30 anni a Roma, ma, nonostante il breve arco di attività e lo scarso numero di tele autografe conosciute, il suo nome svetta al vertice della pittura europea degli inizi del XVII secolo. Le sue opere sono conservate in prestigios­i musei: al Louvre di Parigi, al Prado di Madrid, alla National Gallery of Scotland a Edimburgo e a Palazzo Barberini a Roma. Il ‘San Pietro’ rappresent­a il capolavoro della maturità dell’artista. Innumerevo­li i particolar­i realistici: la geniale invenzione del cassetto semiaperto, dal quale fuoriescon­o carte sgualcite dalle tante letture e riletture, le candele di scorta appoggiate sul davanzale, che preannunci­ano lunghe notti di veglia e meditazion­e, le mani da pescatore del vecchio Pietro, screpolate dal sole e dal vento. Non mancano i forti richiami allegorici: la mano destra appoggiata sul teschio, simbolo di morte ma anche di fede e speranza, che invita il credente alla riflession­e e le chiavi appoggiate sul tavolo, attributo iconografi­co tradiziona­le del Santo. Solo l’osservazio­ne dal vero, però, permette di cogliere ogni dettaglio del dipinto: l’esposizion­e al Castello di Sasso Corbaro rappresent­a davvero un’occasione da non mancare. Frequentem­ente richiesto per esposizion­i in tutto il mondo, da dicembre 2018 il ‘San Pietro’ verrà infatti mostrato al pubblico a Utrecht e successiva­mente a Monaco di Baviera: non sarà quindi possibile ammirarlo per molti mesi alle nostre latitudini.

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