Atterrato lì, lì è rimasto
Stefano ‘Razzo’ Razzetti a San Gallo si è costruito una vita, con il calcio quale filo conduttore. ‘Qui è la mia la dimensione’.
A San Gallo giunse, via Lugano, nel gennaio del 2003, sull’onda del fallimento del club bianconero. Dopo alcune stagioni vissute da protagonista tra i pali, dal 2008 al 2011 fece ritorno in Italia, anche perché fu scalzato dall’allora emergente Daniel Lopar. La vita, però, lo ha riportato in Svizzera orientale, riaccolto da una piazza che lo ha adottato, da una squadra che è diventata casa sua, da una città nella quale famiglia e figli si sono integrati, lasciando presagire che anche il futuro sarà, per così dire, a tinte biancoverdi, anche sul piano privato. Ormai svizzero d’adozione, Stefano Razzetti ha messo le radici. Difficile pensare a un ritorno... a casa, né per motivi professionali, né personali. «Ogni tanto – svela l’allenatore dei portieri del San Gallo, apprezzato ex numero uno del Lugano dal 1999 al 2003 – penso all’eventualità di andare a lavorare in Italia, magari in serie A, ma non posso certo dirmi fiducioso. Bisognerebbe avere i contatti giusti, le relazioni che contano... Servirebbero tante cose che io, però, non ho. Qui sto bene, non ho più bisogno di imbarcarmi in chissà quale avventura. Ho trasferita qui la mia famiglia, nei piani non c’è un altro cambiamento radicale. Ho 47 anni, i bambini vanno a scuola, si sono integrati bene. Bisogna sapersi adattare, e qui stiamo bene». San Gallo e la Svizzera orientale
non sono un brutto posto in cui vivere, nebbia a parte. «Qualcosa è cambiato anche qua, abbiamo molte belle giornate. Non è più come quando sono arrivato, devo essere sincero. Che sia un effetto del surriscaldamento del pianeta? (ride, ndr)». L’ex estremo difensore del Lugano, che ai colori bianconeri è rimasto molto legato, da giocatore ha vissuto i bei tempi del vetusto
ma affascinante Espenmoos e beneficiato dell’accoglienza del nuovo stadio, inizialmente Afg Arena, oggi Kybunpark.
‘Penso di essere affidabile’
Dal 2011, una volta tornato a San Gallo, si fa apprezzare quale allenatore dei portieri biancoverdi. La sua riconversione professionale, insomma, è perfettamente
riuscita, e continua a dargli grandi soddisfazioni. Ha lavorato con Jeff Saibene (169 partite), Joe Zinnbauer (63), Giorgio Contini (41), Peter Zeidler (14), Boro Kuzmanovic (5), Daniel Tarone (2). Gli allenatori si succedono, ma lui assicura quella continuità che nel calcio moderno non è poi così scontata. Una bella attestazione di stima nei confronti di un professionista serio che si fa
apprezzare attraverso il lavoro e il rapporto che instaura con i compagni e i colleghi. «Qui sto bene. Mi so adattare, faccio il mio lavoro, faccio quello che mi chiedono di fare. Penso di essere un uomo e un professionista affidabile. Allenatori e dirigenti sono sempre stati contenti di me. Non è piacevole assistere a tanti cambiamenti in panchina, ma il calcio funziona così. Dal mio arrivo
qui a San Gallo sono pochi quelli rimasti con un ruolo attivo in società. Io sono uno di quelli. È una gradevole sensazione, tutta questa considerazione nei miei confronti, ne sono molto contento. Mi impegno, faccio del mio meglio. Occasionalmente lavoro con l’U21 e l’U18. Mi trattengo più a lungo, la sera, e mi occupo dei portieri più giovani. Mi diverte, e lo faccio volentieri».