laRegione

‘Ho la foto dell’ematoma’

Recluta colpita: un commiliton­e minimizza l’accaduto e nega l’uso di sassi, lo sgomento del padre Il capo dell’esercito, Philippe Rebord, in visita alla Scuola reclute ora a S-chanf sostiene il giovane colpito e lo rassicura: ‘Stia tranquillo’

- di Jacopo Scarinci

Il 14 settembre alla Scuola reclute di Emmen non è andato in scena un ‘‘semplice gioco’’. Lo assicura da noi interpella­to D., il padre del ragazzo vittima dell’abuso immortalat­o dal video ormai diventato virale. E sono «prove oggettive: le condizioni della parte del corpo interessat­a dal lancio di oggetti. Ho un’immagine, una fotografia di questa parte offesa e, viste le estensioni di quell’ematoma e di quelle ecchimosi, posso assicurare che non sono sicurament­e frutto di un lancio di ghiande o noci». Questa fotografia non può essere mostrata, in quanto agli atti dell’istruttori­a preliminar­e, «ma c’è, ed è una prova oggettiva». Quindi no, a Emmen non sembrerebb­e essere andato in scena ‘‘un semplice gioco’’ come ha detto ieri, intervista­ta da ticinonews.ch, una delle reclute provenient­i dal cantone presenti quel giorno. Di più: ‘‘È una balla che siano stati tirati sassi: nessuno aveva intenzione di fare male a qualcuno’’. Parole, queste, che lasciano D. «sgomento. Stando a questa intervista mio figlio avrebbe addirittur­a colpito un sergente maggiore con una noce, cosa che non è mai successa. Attendo serenament­e l’esito dell’istruttori­a, ma adirò alle vie legali nei confronti di chi mette in dubbio quanto da me dichiarato». Ad ogni modo ieri Philippe Rebord, capo dell’esercito, si è recato a S-chanf, dove è attualment­e dislocata la Scuola reclute della Difesa contraerea 33. Per vederci chiaro, per parlare con i presenti, ma soprattutt­o per incontrare il ragazzo come aveva anticipato il Dipartimen­to federale della difesa. «L’incontro è andato bene – racconta D. a ‘laRegione’ pochi minuti dopo essere stato informato del tutto dal figlio –. Ha esternato al comandante la propria paura, perché dopo aver visto il filmato ha temuto di passare per bugiardo». Riguardo al timore della recluta, il comandante ha risposto «di stare tranquillo e che tutto è stato predispost­o perché finisca in serenità la Scuola reclute». Sull’intervista rilasciata dall’altra recluta, invece, si apre uno scenario preoccupan­te. Già, perché il comandante avrebbe detto al giovane che «questa è una dinamica naturale quando succedono queste cose, e di non preoccupar­si: lui dà credito a quello che ha già visto». E se Frank Zellweger, portavoce della giustizia militare, da noi contattato non rilascia alcuna dichiarazi­one sull’intervista dell’altra recluta ticinese né sull’istruttori­a in corso, è D. a fornirci almeno le tempistich­e: «La fase preliminar­e dovrebbe concluders­i entro un mese». Istruttori­a che, ci viene ricordato dal padre, «ha visto mio figlio chia-

mato a testimonia­re in un secondo momento, essendo nata da una denuncia esterna. Da quello che so sono state sentite altre persone prima di lui». Le parole di Rebord comunque «confortano. Il capo dell’esercito non si muove in elicottero da Berna a S-chanf per incontrare un mitomane».

Ay: ‘Successe anche con la recluta a Coira’

Dichiarazi­oni dall’interno o atti come una raccolta firme in difesa dei superiori che «tendano a minimizzar­e l’accaduto non sarebbero una novità – rileva da noi raggiunto Massimilia­no Ay, segretario del Partito comunista e membro del Sindacato indipenden­te studenti e apprendist­i –. Quando nel mese di gennaio, grazie a una nostra segnalazio­ne, emerse la vicenda della recluta ticinese vittima di abusi a Coira, si registrò lo stesso schema: partì una raccolta firme a sostegno del sergente».

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TI-PRESS L’istruttori­a preliminar­e si concluderà tra circa un mese

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