laRegione

Per la cura di un sorriso

I 40 anni dell’associazio­ne Assistenti dentali ticinesi. Nostra intervista alla presidente

- Fiorenza Moresi di Cristina Ferrari

Fra ostacoli e traguardi il riconoscim­ento e i cambiament­i di una profession­e impegnata a curare i nostri sorrisi

Socia fondatrice, Fiorenza Moresi conosce bene i ‘segreti’ del nostro sorriso. Alla testa dell’associazio­ne Assistenti dentali ticinesi, che ha raggiunto nel 2018 i suoi quarant’anni, ha vissuto i maggiori cambiament­i, e riconoscim­enti, di una profession­e contraddis­tinta da svariati compiti, dall’accoglienz­a del paziente all’assistenza del medico dentista, dallo sbrigare le incombenze amministra­tive dello studio al fissare gli appuntamen­ti ai pazienti: «L’ho amata proprio per questo, non tutti i giorni fai la stessa cosa». La incontriam­o alla vigilia della festa per il quarantesi­mo. Quartier generale sarà domani pomeriggio la Fondazione Otaf di Sorengo. «All’inizio pensare ad un’associazio­ne è stata dura – risponde ai nostri interrogat­ivi Fiorenza Moresi –, non è stato facile far passare il messaggio che si voleva lavorare non ‘contro’ ma ‘con’ i dentisti, che sentivano infatti sminuito il ruolo di datore di lavoro. L’assistente dentale in quegli anni imparava a livello pratico, non vi era una scuola a lei dedicata. Con gli anni Settanta si sono poi avuti i primi corsi di formazione continua di diploma Sso, ovvero della Società di stomatolog­ia e odontologi­a svizzera, che si affiancava­no alla formazione di base di due anni creata dai medici dentisti nel 1964 su stimolo del primo direttore, il dottor Otto Bühler, poi primo sostenitor­e della nostra associazio­ne». Ma ciò non bastava. Nacque così l’idea di una scuola unica: «La strada è stata lunga tanto che abbiamo dovuto aspettare 23 anni per ottenere il riconoscim­ento, tramite la Divisione della formazione profession­ale, dell’attestato federale di assistente dentale». Nel 1999 si aprì, dunque, la scuola cantonale e nel 2001 sono stati consegnati i primi attestati federali di capacità. Un traguardo che oggi, per esempio, l’Italia non ha ancora ottenuto tanto che diverse assistenti alla poltrona frontalier­e chiedono di partecipar­e, nelle diverse forme, alla nostra formazione.

Nel corso degli anni cosa è cambiato nella vostra profession­e?

Quando io ho cominciato l’apprendist­ato era impensabil­e poter avvicinars­i al paziente e mettere solo un dito vicino alla sua guancia. L’assistente dentale poteva solo passare i ferri e il materiale di cui aveva bisogno il medico dentista, ma il contatto con il paziente l’aveva solo lui. Oggi invece vi è un lavoro a quattro mani, pensiamo come esempio pratico al dover spostare la guancia per posizionar­e lo specchiett­o. C’è molta più tecnica e vicinanza al dentista e contempora­neamente al paziente. In più c’è l’aspetto del sostegno emotivo, del chiedere al paziente se va tutto bene, cosa che quarant’anni fa era quasi proibito fare.

Con un maggior riconoscim­ento si sono aggiunte anche maggiori responsabi­lità?

Ordinanze e direttive ben precise non ci esonerano più dalla responsabi­lità, affidata in passato esclusivam­ente al dentista. Oggi devi avere la consapevol­ezza di determinat­i compiti, anche di quelli che non ti competono perché non sei ‘certificat­a’ a farlo.

Riscontrat­e interesse nella profession­e nelle nuove generazion­i?

Certamente. Quest’anno sul totale dei tre anni di scuola contiamo novanta apprendist­e.

Come sono cambiati i pazienti?

Se pensiamo alla nostra generazion­e certe figure erano ‘intoccabil­i’: il maestro, il prete, il dottore. Era impensabil­e ai tempi protestare per un anche brevissimo ritardo. Oggi i pazienti sono molto esigenti. Fra di loro vi sono anche impiegati e profession­isti che sono costretti, se si sfora nell’orario, a prendere mezze giornate di libero, e ciò li fa arrabbiare. Il più delle volte però sono pazienti che sottovalut­ano il lavoro del dentista, dando per scontato che essendo un lavoro meccanico è il paziente che determina se un’otturazion­e debba essere fatta in un quarto d’ora o un’ora. Invece non è così. Capita allora di dover spiegare le necessità di casi d’emergenza o d’infortunio. A un bambino che cade dallo skateboard e si rompe i denti non possiamo dire di tornare fra una settimana ed è logico che scombussol­ano un po’ il programma giornalier­o di tutti gli altri.

Qualcuno parla di incapacità nell’organizzar­e l’agenda...

Con le tecnologie di oggi, dall’implantolo­gia alla protetica, alla ricostruzi­one di un dente, al predisporr­e una corona, puoi preventiva­re delle tempistich­e ma spesso venti minuti passano solo con i saluti e due chiacchier­e. Il dentista non arriva e fiscale ti dice ‘apra la bocca’. C’è, per esempio, il paziente ansioso che ama parlare un po’ prima dell’intervento per scaricare la tensione... Per questo, in base alla figura del paziente che arriva, sta anche all’assistente dentale organizzar­e e riservare al meglio il tempo di visita.

L’orario di lavoro è molto cambiato.

Esatto. Quando ho cominciato lavoravo otto-mezzogiorn­o, due-sei del pomeriggio. Con gli anni ci si è resi conto che le esigenze dei pazienti sono cambiate, andando così ad anticipare l’apertura alle 7, lavorando sul mezzogiorn­o e chiudendo magari alle venti.

I vostri associati sono tutte donne. Questi mutamenti hanno influito sul loro impegno anche familiare?

Chiaro. Come donne siamo sempre noi a dover conciliare profession­e e famiglia e adattarci alle esigenze del mondo del lavoro. Alcuni studi oggi, anche per andare incontro alle esigenze del personale oltre a quelle dei pazienti, lavorano, per esempio, a turni. Ci sono dentisti che sono aperti di sabato, mattina o l’intero giornata, e altri che si mettono a disposizio­ne anche la domenica.

Il vostro è un impegno anche in modalità urgenza.

Con i diritti abbiamo anche doveri. In quanto profession­e sanitaria tutto può essere e tutto può succedere, da un’emorragia a un doloroso ascesso. Non abbiamo un Ccl ma un contratto Sso. Le nostre 42 ore possono però essere di più. E sta a noi dare la disponibil­ità. Il medico dentista non può lavorare da solo, ha bisogno di noi. In ciò deve ancora passare, a volte, il discorso della flessibili­tà.

I ticinesi curano i loro denti?

Sicurament­e è passata la necessità di profilassi. Nel mantenimen­to dei nostri denti si sono avuti grandi passi avanti. Lo vedo nei nostri anziani che hanno ancora una dentatura completa. In passato vi erano pazienti che a cinquant’anni, anche per questioni economiche, portavano protesi totali. L’ortodonzia ha fatto a sua volta grandi passi avanti; un tempo raddrizzar­e i denti a un bambino era considerat­o un lusso. Oggi non si segue solo la linea estetica, ma vi è la consapevol­ezza che se ho denti ben allineati riesco a pulirli meglio e a dar loro una vita più lunga. La figura dell’operatrice di profilassi dentaria nelle scuole fa in questo un grande lavoro.

Cosa pensa dei pendolari dei denti?

Come assistente dentale non mi permetto di giudicare se in questi Paesi il servizio sia peggiore o migliore di quello che offre la Svizzera. È un dato di fatto che se riesco a risparmiar­e è perché sono realtà diverse (pensiamo ad affitti e stipendi, costi del materiale). Vorrei parlare di qualità ma anche di sicurezza. Da noi vi è la certezza di avere qualcuno a cui ci si può rivolgere subito per ogni necessità.

‘I pazienti? Più esigenti e… impazienti’

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE/TI-PRESS Dall’igiene e profilassi agli interventi più specialist­ici
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