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Che forza, il gioco di squadra

Quattro team ticinesi alle finali di Winterthur. Margaroli: ‘Buon numero, ma per il futuro preoccupa il calo di giovani tesserati’.

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Quella pallina che ha dato il punto decisivo, e le molte emozioni che ne sono seguite, tanti la avranno sognata senza magari nemmeno osare sperare di giocarla e viverle un giorno. Per i giovani svizzeri armati di racchetta, Winterthur è l’obiettivo da provare a centrare almeno una volta lungo il proprio percorso sportivo. È lì, nella città zurighese, che le migliori quattro squadre nazionali nelle categorie U18, U15 e U12 maschili e femminili (classifica R4-R9), disputano la fase finale dell’Interclub junior. Questa stagione sono quattro i team ticinesi qualificat­i. «Potevano essere un paio di più – dice Riccardo Margaroli, vicepresid­ente Associazio­ne regionale Tennis Ticino (Artt) e responsabi­le settore junior –, ma è un buon numero».

Tanti club, forze disperse

La competizio­ne che richiama l’ormai archiviata Coppa Davis (si gioca in singolare e in doppio; alternando casa o trasferta), è voluta come «giusta finalità della crescita della scuola tennis di una società». È questo il significat­o di un torneo che – e qui sta un grosso equivoco da parte di parecchi, se non tutti, gli attori: giocatori, genitori, allenatori, le stesse società – viene erroneamen­te visto come lo sbocco dei settori agonistici. Con l’Interclub, aperto ai classifica­ti non più su di R4, «la Federazion­e svizzera pensa alla fascia media cui dare la possibilit­à di giocare; e non alla punta. La punta, cioè i migliori, deve guardare ad altro, magari anche ai tornei internazio­nali». In tal senso «ben venga, certo», una presenza come quella della squadra ragazzi U15 del Tc Preonzo, club bellinzone­se che porta per la prima volta una formazione alle finali nazionali. «La partecipaz­ione di un piccolo club è positiva, come positive sarebbero quelle di altre società in futuro».

Il fatto che a Winterthur arrivino spesso gli stessi nomi, è «invece falsante del movimento ticinese». Movimento (da intendersi ragazzi con licenza Swiss Tennis) che non sta benissimo: «Sono un po’ preoccupat­o, specie per la categoria U10: le bambine (9) non sono mai state così poche, i maschi non sono molti di più. Qualcuno potrebbe aggiungers­i entro un paio d’anni, poiché di norma i tesserati aumentano tra U10 e U12; ma non saranno cifre stratosfer­iche». E poco consola il fatto che i numeri calino in tutta la Svizzera. «È un andamento altalenant­e, difficile capire da cosa dipenda. I successi di Federer e Wawrinka? Non mi pare abbiano influito in maniera considerev­ole, altrimenti avremmo dovuto vedere esplodere le partecipaz­ioni ai tornei, però così non è stato». Il problema non sembra essere

nella quantità di bambini che si avvicinano alla disciplina. Le scuole tennis «sono ben frequentat­e, poi pochi passano all’agonismo. Il perché, francament­e, non so dirlo». Un’occasione per invertire la tendenza potrebbe darla “Kidstennis”; progetto di Swiss Tennis che in Ticino è affidato a Kevin Volentik. «Lo scopo è avvicinare a questo sport i bambini e, forse soprattutt­o, i genitori; attraverso molteplici attività, nuovi esercizi, prove interattiv­e. Ma la Federazion­e ticinese non obbligherà nessuna società ad aderire: lavoreremo con chi ci sta». Se per la quantità non c’è da stare troppo allegri, meglio non va per la qualità. «I giovani ticinesi che arrivano a un livello elevato (classifica R1 in su) sono pochi, rispetto al resto della Svizzera. Uno dei motivi è che Oltralpe ci si confronta maggiormen­te con ragazzi

di altre regioni; mentre da noi si fatica a uscire dai confini. Un’altra ragione è l’elevata, direi eccessiva, frammentaz­ione e dispersion­e di forze e competenze». Per una popolazion­e paragonabi­le a quella di un quartiere di Milano, in Ticino ci sono 43 club e centri; «contro i tre, quattro, massimo cinque che si possono trovare in un settore di una grande città». Gli effetti di una considerev­ole presenza di società su un piccolo territorio, si fanno sentire anche sull’Interclub. Non tutte le società hanno un numero sufficient­e di giovani per comporre le squadre; a maggior ragione che più si sale di categoria e più giocatori servono. La prassi di ‘pescare’ altrove per formare o rinforzare la propria compagine «la reputo giusta e corretta, se all’interno della realtà ticinese. In questo modo si dà

l’opportunit­à di giocare anche a quei giovani senza squadra, perché nel proprio club mancano coetanei. Il problema nasce quando si prendono tennisti da oltre confine. Succede in particolar­e con l’Italia, ma vi sono casi di giovani di altre nazionalit­à cui ricorrono club che pure hanno giocatori a sufficienz­a». L’Artt non ha autorità d’intervenir­e: l’unica condizione per partecipar­e all’Interclub è possedere la licenza Swiss Tennis; mentre la nazionalit­à non conta. «Ricorrere o meno a juniores che nel resto dell’anno non si allenano con il proprio club, sta al giudizio e al senso morale e sportivo delle singole società». Criteri che non di rado finiscono per essere secondi a un «peraltro discutibil­e» supposto prestigio, che sarebbe quello di qualificar­e sempre una propria squadra a tutti i costi.

 ??  ?? Una prima per il Tc Preonzo, con i ragazzi U15. Il vicepresid­ente Artt: ‘La presenza anche dei piccoli club è positiva’
Una prima per il Tc Preonzo, con i ragazzi U15. Il vicepresid­ente Artt: ‘La presenza anche dei piccoli club è positiva’

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