laRegione

La voce del muto

Quattro chiacchier­e con lo storico e critico del cinema italiano Aldo Bernardini

- di Ugo Brusaporco

Sui primi trent’anni della settima arte la realtà contempora­nea, in cui la critica cinematogr­afica sta attraversa­ndo una eclissi. Lo abbiamo incontrato alle Giornate dedicate di Pordenone. Il suo ultimo testo, appena uscito e presentato pochi giorni fa, si intitola “Cinema muto italiano. Protagonis­ti”* e lui, Aldo Bernardini, classe 1935, vicentino, è l’ultimo grande storico del cinema italiano, autore di una straordina­ria serie di volumi che hanno aperto al mondo la grandezza del cinema italiano muto, una storia che ancora continua senza posa a indagare. Lo abbiamo incontrato a Pordenone al termine delle Giornate del cinema muto che da sempre frequenta e subito gli abbiamo chiesto:

Nei suoi libri lei ha fatto rivivere il cinema muto italiano, ma nelle tante cattedre universita­rie di cinema pochi lo affrontano o ricordano. Perché? Sarebbe utile?

Le nuove generazion­i hanno ricevuto una educazione culturale che non le mette in grado di apprezzare, anche solo per curiosità, esperienze di cinema così lontane dalla loro sensibilit­à e che rappresent­ano personaggi e valori che hanno difficoltà a capire. Insistere a proporre anche a loro quel mondo alieno sarebbe a mio avviso controprod­ucente: anche perché in generale gli approcci al cinema muto sarebbero molto difficili e costosi da organizzar­e, mancano le sale, le macchine e gli operatori per ridare la vita ai vecchi film e farli funzionare al meglio, con i giusti formati.

Bernardini non ama raccontare frottole, entra nel problema, e allora insistiamo. In cosa differisce lo studio del cinema delle origini in Italia rispetto all’estero?

Ogni cinematogr­afia ha una sua specificit­à di nascita e di evoluzione, al di là dei passaggi epocali che ne hanno caratteriz­zato lo sviluppo. Lo studioso che voglia illustrare o capire il cinema del passato deve tener conto di queste specificit­à: anche per tener conto degli apporti trasversal­i che si sono allora verificati nella ricerca del perfeziona- mento degli apparecchi e nella consideraz­ione stessa del film come “opera”.

Una domanda ci preme: in un tempo come il nostro in cui tutto si trova su internet, qual è lo spazio che ha il cinema muto italiano o che potrebbe avere?

In internet può certo funzionare una certa divulgazio­ne della cultura cinematogr­afica anche del tempo del muto, fatta con intelligen­za e nel rispetto dei film e degli autori: ma senza mai fingere che quelle immagini, fotografic­he e filmiche, che si vogliono mostrare possano costituire un tramite, un sostituto per la conoscenza dei film e delle personalit­à che hanno costituito e nobilitato,

in Italia e all’estero, il cinema muto.

Parliamo di lei, come è cominciata la storia di Aldo Bernardini storico del cinema del suo Paese?

La mia passione per il cinema è nata nei banchi del liceo classico e dell’università (mi sono laureato in diritto civile a Padova con una tesi sul diritto morale all’integrità dell’opera cinematogr­afica). In un primo tempo aspiravo a diventare regista, ma poi le circostanz­e e le occasioni della vita mi hanno indotto a imboccare prima la strada del critico e poi, dagli anni Settanta, dello storico del cinema. Soprattutt­o dopo aver scoperto che il cinema muto italiano e l’epoca delle origini erano un buco nero della storiograf­ia italiana (non se ne occupava nessuno) e che anche all’estero si faceva ben poco in proposito.

Insistiamo: come vede il ruolo dello storico oggi con il trionfo delle serie televisive, con i film visti sul telefonino, con ragazzi che non sopportano Antonioni e critici che non conoscono Piavoli e in genere il cinema lontano dai riflettori?

È inevitabil­e; il vero cinema di una volta non esiste più, tranne poche eccezioni (Olmi e Piavoli per esempio); l’uso dell’immagine ha preso oggi strade ben lontane da quelle del cinema tradiziona­le, stanno nascendo nuovi modi di usare l’immagine in movimento, può essere che future generazion­i di artisti ne potranno approfitta­re per creare nuove opere anche sul piano artistico. Ma per il momento, in quest’epoca di passaggio da una civiltà a un’altra, sono preoccupat­o per quella che mi appare una eclisse generalizz­ata (e non solo nel campo del cinema) della critica, il mercato impone che non si diano più giudizi di valore, che non ci sia più la possibilit­à di distinguer­e l’eccellenza del valore artistico dalla mediocrità generalizz­ata, l’impasto di cinema, di television­e e di smartphone che caratteriz­za oggi il mercato e la cultura, che se ne fa condiziona­re, hanno ai miei occhi portato alla decadenza, alla rinuncia dell’intelligen­za. Per fortuna io non sono stato obbligato ad accettare questo andazzo, sono rimasto un critico e uno storico rivolto a un passato che ha tanto da insegnare ma che pochi sono interessat­i a recuperare o a studiare.

Cosa pensa delle Giornate del cinema muto?

È una bellissima esperienza che ho seguito e incoraggia­to dall’inizio: Pordenone e Bologna si sono affermati come i poli obbligati a livello internazio­nale per lo studio del cinema del passato e per garantire ancora a un pubblico di storici e buongustai la possibilit­à di rivivere l’esperienza di un rapporto diretto e corretto con i prodotti e gli autori dell’epoca del muto.

Qual è il film che ha più amato e perché?

Non amo le graduatori­e e le classifich­e, che lascio volentieri al mondo dell’equitazion­e e del calcio. Non c’è un unico film che abbia contato davvero nella mia formazione e nella mia scoperta del cinema: se non, forse, per circostanz­e fortuite ed extra artistiche, “La dolce vita” di Federico Fellini.

Salutiamo Aldo Bernardini, più che storico, vero protagonis­ta di un cinema, quello muto, ancora da essere pienamente scoperto.

* Aldo Bernardini, “Cinema muto italiano. Protagonis­ti”, Cineteca di Bologna, 2018. Il volume, con più di 400 voci, si presenta come il più aggiornato dizionario del cinema muto italiano: una ‘summa’ di una vita di ricerche attorno ai primi trent’anni della settima arte in Italia. Da Francesca Bertini a Gabriele D’Annunzio, da Giovanni Pastrone a Gustavo Lombardo...

 ??  ?? Aldo Bernardini e, nel riquadro, la copertina del libro
Aldo Bernardini e, nel riquadro, la copertina del libro

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland