laRegione

La legge è uguale per tutti

- Di Matteo Caratti

Seguendo la cronaca del processo al figlio del ministro Udc Ueli Maurer – condannato due giorni fa a una pena detentiva sospesa condiziona­lmente per rapina e tentata estorsione in un procedimen­to penale inizialmen­te nato per circolazio­ne in stato di inettitudi­ne e ingiurie contro un ispettore ferroviari­o – un lettore ci ha chiesto: ma perché ne riferite? Se in aula non fosse finito il figlio di un consiglier­e federale in carica ma una persona qualsiasi, avreste riferito di un processo analogo? La risposta è: molto probabilme­nte no. Non ne avremmo riferito. Non è giusto che, siccome il padre è arcinoto essendo un consiglier­e federale, il figlio debba ‘pagare’ il prezzo della celebrità dell’antenato, e per questo motivo finire sotto i riflettori e sui giornali/siti. Quindi di principio alla stampa, che si muove secondo determinat­i principi deontologi­ci, non avrebbe dovuto interessar­e quel processo. O meglio, quel processo poteva anche interessar­e ai mass media, ma allora andava assolutame­nte tutelata l’identità di Maurer jr. Ciò a meno che l’imputato (figlio di cotanto padre), in qualche frangente, non avesse tentato di cavarsela davanti alla giustizia per il fatto di chiamarsi Maurer e/o il padre fosse magari intervenut­o per rendergli la vita meno in salita davanti alla magistratu­ra inquirente o giudicante. È forse successo qualcosa del genere? Risposta ancora una volta negativa. È successo però che il federale rampollo, in attesa di apparire in aula, ha fatto di tutto per riuscire a ottenere che il processo fosse celebrato a porte chiuse, arrivando a ricorrere persino al Tribunale federale. La massima Corte ha però deciso che non ci fossero gli estremi per impedire l’ingresso della stampa al dibattimen­to, ponendo comunque alcune limitazion­i quali il divieto di fotografar­e l’imputato, di fornire informazio­ni sulla sua età, luogo di residenza e profession­e. Ma, alla fin fine, la notizia della condanna del figlio di un ministro è ben circolata. Anzi, è stata quella la notizia più gettonata della giornata. Perché dunque il processo ha ricevuto tutta questa pubblicità? Perché Maurer jr., sicurament­e mal consigliat­o dal suo avvocato, ha cercato di ottenere (legalmente!) un’eccezione rispetto ad un principio fondamenta­le. Che i processi sono pubblici (tranne rare eccezioni), pena la loro nullità. E perché lo sono? Perché si devono esporre alla luce del sole le prove a favore e contro l’imputato, per dimostrare che non si vuole privilegia­re nessuno. Prove pro e contro pubbliche e sentenza anch’essa pubblica, per dimostrare che si trattano casi analoghi con gli stessi criteri. Si fossero accettate in questo o in altri casi le porte chiuse, proprio la pubblicità che serve da garanzia sarebbe venuta meno. Ecco perché è stato un bene, per la credibilit­à della giustizia, che non sia stata concessa l’eccezione delle porte chiuse. Alla fine però, paradossal­mente, la mossa dell’imputato, ha finito per attirare su di lui ancor più attenzioni e il suo processo giovedì ha finito per esser seguito da tutti, agenzie di stampa comprese. Ma la notizia a ben vedere dove sta? Il figlio del consiglier­e federale è stato trattato come chiunque abbia commesso un reato analogo. Quindi aveva ragione quel lettore! Che un ministro abbia un figlio che inciampa e viene trattato come tutti… non è notizia! Ma accertare che la legge e la giustizia siano uguali per tutti, visto come si è mosso Maurer jr., fa bene a chi l’amministra e alle istituzion­i.

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