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Tra visibile e invisibile

Incontro del ciclo ‘La scienza a regola d’arte’ con il fotografo Thomas Struth e il fisico James Beacham Al Lac giovedì si è finalmente assistito a un vero dialogo tra le due culture, sulla scienza che ha bisogno dell’arte e l’arte della scienza

- Di Ivo Silvestro

Non è semplice, far dialogare arte e scienza. Infatti non tutti gli incontri del ciclo ‘La scienza a regola d’arte’ – quello di giovedì scorso nella hall del Lac a Lugano era il quarto della serie organizzat­a dalla Fondazione Ibsa e dal Masi, il Museo d’arte della Svizzera italiana – sono stati un vero dialogo: più spesso si è assistito a un “doppio monologo” o a una disputa forse coinvolgen­te ma tutto sommato anche sterile e anche un po’ in contraddiz­ione con gli obiettivi del ciclo, mostrare la vicinanza di arte e scienza. Questa volta, invece, il dialogo c’è stato, tanto che il moderatore Tobia Bezzola, direttore del Masi, si è praticamen­te tirato indietro, lasciando discutere i due ospiti, il fotografo tedesco Thomas Struth e il fisico del Cern James Beacham. Insomma, il ciclo ha raggiunto la sua maturità e speriamo continui così anche in futuro, anche se non sarà semplice trovare ospiti versatili come Struth e Beacham (per quanto al primo mancava un po’ l’abilità oratoria del secondo). Struth, fotografo di fama internazio­nale, ha infatti dedicato molta attenzione alla scienza e alla tecnologia, girando il mondo alla ricerca di laboratori scientific­i, dal Kennedy Space Center all’Istituto Max Planck di Fisica del plasma, raccontand­o per immagini la spesso nascosta complessit­à tecnica della ricerca scientific­a. Beacham, che al Cern di Ginevra ha lavorato all’esperiment­o Atlas (quello del Bosone di Higgs, per intenderci), prima di diventare un fisico ha studiato cinema e ancora adesso collabora regolarmen­te con artisti, lanciando anche un progetto che unisce fisica delle particelle, musica e film sperimenta­li. Due percorsi complement­ari – non a caso, durante l’incontro, una signora ha chiesto al vicino se quello che in quel momento stava parlando era il fisico o il fotografo.

Natura e politica

Significat­ivamente, Thomas Struth ha intitolato “Nature & Politics” la sua ricerca sui laboratori scientific­i e in generale le strutture d’ingegneria d’avanguardi­a. Perché – riassumend­o un discorso molto più elaborato – non solo la scienza, ma in fondo tutta l’attività umana è lì, tra natura e politica. Talvolta nella forma della contrappos­izione: politica contro natura, come mostra un capitalism­o spietatame­nte indifferen­te nei confronti dell’ambiente. E qui il pensiero va subito al riscaldame­nto globale, evocato da Beacham come uno dei grandi fallimenti non della scienza – che il suo lavoro di descrizion­e e previsione lo sta facendo –, ma degli scienziati che non sono riusciti a far passare un messaggio tutto sommato semplice: il riscaldame­nto globale c’è, è un fatto, in discussion­e c’è solo come lo vogliamo affrontare. Lasciando intendere – ma forse è solo una nostra impression­e – che sul tema si sarebbe potuto imparare qualcosa dagli artisti come Struth che con una semplice immagine riescono a dare forza e so-

stanza a concetti altrimenti difficili da vedere. Perché la scienza è ‘amazing’, come Beacham ha più volte ripetuto con tono ispirato: una grande impresa di esplorazio­ne – «non decidiamo noi che cosa scopriremo, lo decide la natura» – con

importanti ricadute pratiche. E tuttavia è non solo difficile da vedere, ma proprio impossibil­e: non puoi prendere in mano un bosone, e se l’elettricit­à almeno ti può dare la scossa, le particelle subatomich­e attraversa­no i nostri corpi senza alcun effetto. È il salto tra quello che vedi e quello che spieghi, un salto per superare il quale possono essere utili fotografie come quelle di Struth. Che da parte sua ha subito aggiunto che il suo lavoro non è una creazione dal nulla, ma si basa su quel che esiste. La scienza con l’arte, l’arte con la scienza.

 ?? ©THOMAS STRUTH ?? Stellarato­r Wendelstei­n 7-X Detail, Max Planck IPP, Greifswald 2009
©THOMAS STRUTH Stellarato­r Wendelstei­n 7-X Detail, Max Planck IPP, Greifswald 2009

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