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Stranieri globalisti, i dati restano in Svizzera

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Recentemen­te il Tribunale amministra­tivo federale ha sentenziat­o che le informazio­ni fiscali di un contribuen­te ‘globalista’, ovvero un cittadino straniero tassato secondo il dispendio, non debbano essere inviate all’autorità tributaria estera. Il caso in questione riguardava dei cittadini spagnoli recentemen­te trasferiti­si in Svizzera. Si tratta in pratica di ‘neoresiden­ti’. «Una categoria già attenziona­ta dall’Agenzia delle entrate italiana mediante lettere di avvertimen­to dello scorso anno», ci spiega Paolo Bernasconi, esperto di diritto finanziari­o. «Anche il Fisco spagnolo ha cercato di capire negli anni scorsi se alcuni suoi contribuen­ti, recentemen­te trasferiti­si in Svizzera, fossero sottoposti al regime fiscale ordinario oppure a quello speciale, cosiddetto della tassazione globale» continua Bernasconi. Si tratta della imposizion­e fondata, invece che sulla sostanza e sul reddito, sia in Svizzera sia all’estero, sul dispendio, ossia sul loro tenore di vita. Conoscere pure l’ammontare del dispendio concordato con l’autorità fiscale svizzera, sarebbe stata un’informazio­ne utilissima anche per il fisco spagnolo. L’Amministra­zione federale svizzera delle contribuzi­oni ha condiviso questa impostazio­ne e ha quindi deciso di trasmetter­e queste informazio­ni. I contribuen­ti spagnoli, nel frattempo passati sotto la sovranità fiscale elvetica, si opposero presentand­o ricorsi al Tribunale amministra­tivo federale (Taf) che li ha accolti, annullando questa parte della decisione del Fisco svizzero. «Il criterio decisivo, a livello internazio­nale come a livello interno svizzero, è quello della “verosimile pertinenza” delle informazio­ni destinate al Fisco estero. Orbene, il Taf ha negato che fosse soddisfatt­o questo criterio, ritenendo che tali informazio­ni per il Fisco spagnolo non fossero nemmeno potenzialm­ente utili, poiché si riferivano a un periodo successivo a quello in cui i ricorrenti erano ancora sottoposti alla sovranità fiscale spagnola», spiega il professor Bernasconi. Queste recenti sentenze costituisc­ono un precedente anche riguardo a domande analoghe provenient­i da altri Paesi? «La domanda è attuale, poiché i contribuen­ti italiani molto abbienti trasferiti­si effettivam­ente in Svizzera negli ultimi anni sono stati migliaia. Ma la risposta rimane ancora dubbia, poiché le relative Convenzion­i contro la doppia imposizion­e, sulle quali si fondano queste domande di assistenza, ma specialmen­te i documenti di ratifica accompagna­tori, divergono su parecchi dettagli, talvolta decisivi. Per di più, in queste sue domande il Fisco spagnolo su questo specifico tema non era stato sufficient­emente preciso. Intanto, si attende la reazione dell’Agenzia delle entrate riguardo alle migliaia di informazio­ni finanziari­e (nome, cognome, indirizzo dei titolari di beni, numero di conto, nome della banca o di altro ente finanziari­o detentore, saldo al 31.12.2016) che sono state scambiate il mese scorso con il Fisco svizzero in esecuzione degli accordi internazio­nali sullo scambio automatico. Per intanto con gli Stati membri dell’Unione europea e un’altra decina di Paesi. «Si tratta di circa due milioni di dati: una manna per quei Paesi che dispongono delle capacità di gestione e categorizz­azione di una simile massa di dati. Grazie alla sinergia fra le diverse forme di cooperazio­ne internazio­nale, potrebbe scatenarsi una valanga di domande di documentaz­ione bancaria. Gestibile soltanto nel giro di qualche anno. Intanto i termini di prescrizio­ne corrono...», commenta Bernasconi.

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