Castelli di carta
“Impronte” è stato il soggetto della tredicesima edizione del concorso letterario in biblioteca “Castelli di carta” proposto e promosso dalla Biblioteca cantonale di Bellinzona, con il sostegno della Città, dell’Associazione leggere e scrivere e del Museo Villa dei Cedri, nonché da BancaStato. La giuria ha decretato i dodici vincitori – quattro per la categoria Ragazzi e otto per quella Adulti – che verranno premiati domani sera, martedì 23 ottobre, all’auditorium di BancaStato (viale Guisan 5; dalle 18.30). Alla serata interverranno Mauro Maffeis (responsabile di sede della Biblioteca cantonale bellinzonese); Roberto Malacrida (municipale della Città); Mauro Tettamanti (presidente dell’Associazione leggere e scrivere) e Pietro Aiani attore teatrale cui è stato dato il compito di leggere i testi vincitori. L’appuntamento sarà altresì occasione per prendere parte alla conversazione fra la scrittrice, poetessa e traduttrice Anna Ruchat e Carole Haensler Huguet, curatrice del Museo Villa dei Cedri. La serata è aperta a tutti, ulteriori informazioni sono reperibili sul sito oltre alle mani ci aveva messo pure la propria voce. Tornando a ‘Underneath my feet’. Dovremmo celebrare l’oscurità di un brano, e lo facciamo con piacere lodando un incubo audio e video interamente notturno, prodotto di “un’avventura stremante ma al contempo stupenda, che mi ha permesso di mettermi alla prova dal punto di vista tecnico, fisico e psicologico”, per usare parole del suo autore. Quando, però, torna la luce del giorno a illuminare questo ep chiamato ‘You could almost’, la vetrina della nostra personalissima recensione se la prende l’ego italiano di Gyalson, che nella lingua di Dante si produce in un pregevole e misurato pop-rock con inserti
Anna Ruchat ospite trequarti chiamato ‘Qualcosa si trova’, con menzione al verso “Io me ne frego, ripiego sul mio alter ego”, da noi rubato (vedi all’inizio). La composizione e l’esecuzione di questa traccia 3 sono degne dello spirito libero e un po’ menefreghista di Ivan Graziani, a ricordare il quale contribuiscono il cantato distaccato del menefregante Nic e la chitarra che fu del cantautore fiorentino andato via troppo presto, lasciandoci in eredità il suo catalogo e Filippo (che dell’Ivan è figlio). Le dissonanze finali in ‘Qualcosa si trova’ gratificano l’ascoltatore quanto l’hammond davanti a tutto, bottiglia analogica con messaggio lasciata al destino dell’odierno mare digitale.