Autodeterminazione tanto rumore…
Si parla molto dell’iniziativa popolare lanciata dall’Udc che andrà in votazione popolare il prossimo 25 novembre. Se ne parla molto, ma la si analizza poco: se andiamo a leggerla nel librettino rosso che ci viene regolarmente inviato a casa (già consultabile in internet) ci accorgiamo di quanto sia difficile interpretarne il significato e comprendere che cosa succederà se l’iniziativa fosse accolta. Val la pena approfondire un po’, anche se è impossibile trasformare in una cosa semplice un testo molto professionale e assai complesso. Vengono proposte tre modifiche della Costituzione federale (...)
(...) agli art. 5, 56a e 190. Nel primo dei tre articoli si vuole introdurre il principio che la Costituzione federale è “la fonte suprema del diritto della Confederazione svizzera” e che “la Costituzione ha rango superiore al diritto internazionale e prevale su di esso” ma con una prima immediata eccezione: “fatte salve le disposizioni cogenti del diritto internazionale”. “Cogente” sta per “obbligatorio”. Quest’ultima riserva è ripresa anche nell’art. 56a, nel quale viene di principio imposto a Confederazione e Cantoni di “non assumere obblighi di diritto internazionale che contraddicono la Costituzione” e se necessario “di denunciare i trattati internazionali che la contraddicessero”. Ma poi all’articolo 190 viene prevista un’altra eccezione, poiché il Tribunale e le altre autorità incaricate di applicare il diritto devono considerare “determinanti” le leggi federali e i trattati internazionali “il cui decreto di approvazione sia stato assoggettato a referendum”. Un testo dunque difficile, complicato anche dal fatto che all’iniziativa è stato dato lo strano nome di “Iniziativa popolare: il diritto svizzero anziché giudici stranieri (iniziativa per l’autodeterminazione)”. Come spesso accade con le iniziative popolari è stato scelto un nome ad effetto, ma non particolarmente coerente con il testo, che stabilisce una priorità di applicazione della Costituzione federale, ma la stabilisce per i giudici svizzeri, non per quelli stranieri. Anche il termine “autodeterminazione” pare più una forzatura di carattere pubblicitario che un nome pertinente agli obiettivi dell’iniziativa precedentemente ricordati. La complessità del progetto deriva certamente anche dalla complessità delle regole attualmente in vigore per l’approvazione dei trattati internazionali, che sottostanno a tre diverse procedure: le prime due dicono (a) che per taluni trattati ci vuole obbligatoriamente una votazione popolare (art. 140 cpv. 1 della Costituzione) e (b) che per altri (art. 141 cpv. 1 lett. d della Costituzione) ci vuole invece una votazione popolare se è stato lanciato con successo un referendum e indica quando è necessario prevedere il referendum: per i trattati internazionali di durata “indeterminata e non denunciabili”, per quelli che prevedono “l’adesione a un’organizzazione internazionale” e per quelli che prevedono “disposizioni importanti che contengono norme di diritto o per l’attuazione dei quali è necessaria l’emanazione di leggi federali”. L’iniziativa in votazione non influenzerà dunque i trattati approvati nei due modi indicati, che sono la grandissima maggioranza. La proposta in votazione riguarda solo (c) i trattati internazionali in vigore o futuri approvati o da approvare senza possibilità di referendum. Quali allora gli effetti dell’iniziativa, se per la gran parte dei trattati il diritto al referendum è garantito? Per il futuro secondo me l’effetto è nullo o quasi, varrà solo per regole marginali, poiché l’Assemblea federale negli ultimi tempi cerca sempre di prevedere il diritto al referendum. Ci sono però alcuni trattati ratificati nel passato senza diritto al referendum che potrebbero essere rimessi in discussione, sempre che l’Assemblea federale non corregga a posteriori la prassi e li riapprovi con un decreto federale sottoposto a referendum. Me ne vengono in mente due: La Convenzione europea sui diritti dell’Uomo, di cui tutti stanno parlando, approvata nel 1974 senza diritto al referendum, ma anche senza importanti opposizioni, malgrado contenesse manifestamente “norme di diritto”. Si tratta della maggiore protezione data ai cittadini europei e anche a noi cittadini svizzeri contro gli abusi del proprio, per noi del nostro, Stato. E poi ricordo quelli proposti al parlamento dal Consigliere federale Adolf Ogi, paradossalmente dell’Udc, che hanno stabilito dei protocolli di collaborazione con la Nato: cliccate su Google “partenariato Nato” e scoprirete con sorpresa di che cosa si tratta. Tanto rumore per nulla, o per poco? Come sempre, molta pompa per poco diritto nelle iniziative dell’Udc. Tanto poi, se vi sono difficoltà a capire perché si rivelano del tutto inefficaci, la colpa è sempre degli altri.