laRegione

Media in tempi turbolenti

Un terzo degli organi di stampa non è riuscito a mantenere la qualità da un anno all’altro

- di Stefano Guerra

‘Piattaform­izzazione’, deflusso di risorse, concentraz­ione, deprivati delle notizie... L’istituto Fög analizza i mutamenti in corso nel suo ‘Annuario 2018’.

La fiducia della popolazion­e nei mezzi di informazio­ne locali resta elevata. Assieme a Svezia e Paesi Bassi, la Svizzera veleggia nella classifica stilata in un recente studio dal Reuters Institute. Inoltre, molte testate confeziona­no ancora un prodotto di qualità. Le buone notizie però terminano qui. Per il resto, l’‘Annuario 2018 sulla qualità dei media’ pubblicato dall’istituto Fög dell’Università di Zurigo dipinge un quadro piuttosto cupo del panorama mediatico elvetico. ‘Piattaform­izzazione’: ovvero, l’influenza crescente degli intermedia­ri globali dell’informazio­ne. Al cospetto di giganti globali quali Google e Facebook, i mezzi d’informazio­ne svizzeri “hanno ulteriorme­nte perso terreno e si trovano in una spirale negativa”, scrivono i ricercator­i zurighesi. Ma questo è solo uno dei fenomeni che stanno determinan­do mutamenti struttural­i nel modo di produrre e divulgare informazio­ne, anche in Svizzera. Lo studio pubblicato ieri si sofferma in particolar­e sulle conseguenz­e – a livello redazional­e – del processo di concentraz­ione mediatica in corso da anni Oltralpe (cfr. sotto). Dal 2011 la proporzion­e di persone che lavorano quali giornalist­i è in calo costante; per contro, aumentano quelle impiegate nel settore delle relazioni pubbliche. Il “deflusso di risorse finanziari­e e di personale” si riflette sulla qualità dell’informazio­ne prodotta. Circa un terzo delle 66 testate analizzate dall’istituto Fög non ha potuto mantenere il livello dell’anno precedente. Delicata è pure la situazione sul mercato pubblicita­rio. La parte del leone spetta a Google e Facebook: sono loro che si accaparran­o la fetta più consistent­e degli introiti (nel 2017, in Svizzera, da sola Google ha incassato più di tutti gli altri media assieme). Nel mercato pubblicita­rio, poi, i flussi di utenti vengono vieppiù canalizzat­i sulle piattaform­e sociali. Qui “il collegamen­to con i marchi mediatici tradiziona­li è stretto – e la disponibil­ità degli utenti a pagare un prezzo per le notizie è particolar­mente ridotta”. Taluni editori, poi, ci mettono del loro. Concentran­o le loro strategie sul segmento non giornalist­ico; e “talvolta senza trovarsi in situazioni di necessità, ossia nonostante ingenti utili aziendali”, smantellan­o unità giornalist­iche non lucrative, le liquidano o le raggruppan­o in redazioni integrate, si legge nello studio. Di fronte a queste sfide, il Consiglio federale ha reagito presentand­o un avamproget­to di legge sui media elettronic­i. La proposta viene definita “poco audace”. Secondo l’istituto Fög, le misure volte a sviluppare un sostegno ai mass media non si spingono abbastanza lontano.

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