Media in tempi turbolenti
Un terzo degli organi di stampa non è riuscito a mantenere la qualità da un anno all’altro
‘Piattaformizzazione’, deflusso di risorse, concentrazione, deprivati delle notizie... L’istituto Fög analizza i mutamenti in corso nel suo ‘Annuario 2018’.
La fiducia della popolazione nei mezzi di informazione locali resta elevata. Assieme a Svezia e Paesi Bassi, la Svizzera veleggia nella classifica stilata in un recente studio dal Reuters Institute. Inoltre, molte testate confezionano ancora un prodotto di qualità. Le buone notizie però terminano qui. Per il resto, l’‘Annuario 2018 sulla qualità dei media’ pubblicato dall’istituto Fög dell’Università di Zurigo dipinge un quadro piuttosto cupo del panorama mediatico elvetico. ‘Piattaformizzazione’: ovvero, l’influenza crescente degli intermediari globali dell’informazione. Al cospetto di giganti globali quali Google e Facebook, i mezzi d’informazione svizzeri “hanno ulteriormente perso terreno e si trovano in una spirale negativa”, scrivono i ricercatori zurighesi. Ma questo è solo uno dei fenomeni che stanno determinando mutamenti strutturali nel modo di produrre e divulgare informazione, anche in Svizzera. Lo studio pubblicato ieri si sofferma in particolare sulle conseguenze – a livello redazionale – del processo di concentrazione mediatica in corso da anni Oltralpe (cfr. sotto). Dal 2011 la proporzione di persone che lavorano quali giornalisti è in calo costante; per contro, aumentano quelle impiegate nel settore delle relazioni pubbliche. Il “deflusso di risorse finanziarie e di personale” si riflette sulla qualità dell’informazione prodotta. Circa un terzo delle 66 testate analizzate dall’istituto Fög non ha potuto mantenere il livello dell’anno precedente. Delicata è pure la situazione sul mercato pubblicitario. La parte del leone spetta a Google e Facebook: sono loro che si accaparrano la fetta più consistente degli introiti (nel 2017, in Svizzera, da sola Google ha incassato più di tutti gli altri media assieme). Nel mercato pubblicitario, poi, i flussi di utenti vengono vieppiù canalizzati sulle piattaforme sociali. Qui “il collegamento con i marchi mediatici tradizionali è stretto – e la disponibilità degli utenti a pagare un prezzo per le notizie è particolarmente ridotta”. Taluni editori, poi, ci mettono del loro. Concentrano le loro strategie sul segmento non giornalistico; e “talvolta senza trovarsi in situazioni di necessità, ossia nonostante ingenti utili aziendali”, smantellano unità giornalistiche non lucrative, le liquidano o le raggruppano in redazioni integrate, si legge nello studio. Di fronte a queste sfide, il Consiglio federale ha reagito presentando un avamprogetto di legge sui media elettronici. La proposta viene definita “poco audace”. Secondo l’istituto Fög, le misure volte a sviluppare un sostegno ai mass media non si spingono abbastanza lontano.