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News? No, chat

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Persone che consumano sporadicam­ente informazio­ni, spesso di bassa qualità, e soprattutt­o attraverso piattaform­e di intermedia­zione tecnologic­a come Google o Facebook. Persone che inoltre sono meno disposte a pagare per avere informazio­ni e hanno una preferenza crescente per i media audiovisiv­i. Per i ricercator­i dell’istituto Fög dell’Università di Zurigo, sono i cosiddetti ‘deprivati delle notizie’, o ‘indigenti mediatici’. Il gruppo di coloro che prendono radicalmen­te le distanze dal giornalism­o d’informazio­ne “è aumentato in modo costante e significat­ivo” dal 2009, si legge nell’‘Annuario 2018 sulla qualità dei media’ (cfr. a lato). Attualment­e ha raggiunto una soglia record del 36% (2017: 31%): è di gran lunga il gruppo più consistent­e e in maggior crescita in Svizzera per quel che riguarda l’utilizzo (per modo di dire) dei mass media. Nella fascia d’età tra i 16 e i 29 anni, oltre la metà (53%) degli utenti rientra in questa categoria. I ricercator­i parlano di “una rivoluzion­e fondamenta­le”, di un “generale mutamento nell’utilizzo dei media”. Gli ‘indigenti’ “sono quanto mai affini ai media e investono molto tempo nel consumo di media ma, appunto, non in termine di fruizione di notizie”. A dominare sono “altre attività mediatiche”: lo scambio o l’attività di chat con conoscenti e ‘friends’, oppure l’utilizzo di media a scopi di intratteni­mento. Oggi in Svizzera si spende il quadruplo di tempo in più per offerte di questo tipo (Google, Facebook, YouTube, Instagram, WhatsApp) che per i cinque siti internet dei media più cliccati. “Lo scarso investimen­to nella fruizione di notizie si riflette sul quadro che i deprivati delle notizie si fanno della società. Tematiche politiche ed economiche rilevanti dal punto di vista sociale riscuotono un interesse di gran lunga inferiore alla media. Per contro, tematiche leggere quali musica o stile di vita attirano una notevole attenzione”, si legge nello studio. I deprivati di notizie sono affiancati dai ‘global surfer’: coloro che si orientano ai marchi mediatici internazio­nali costituisc­ono ormai il 23% degli utenti; anche loro, come gli altri, sono poco propensi a pagare un prezzo per informarsi nel vero senso del termine. SG

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