Officine: domande per una decisione responsabile
il futuro delle attività di manutenzione e servizi ferroviari in Ticino è ad un importante tornante decisivo. il legislativo cantonale e quello bellinzonese sono chiamati a votare sulla richiesta di credito formulata dai rispettivi esecutivi di 120 milioni (100 cantone e 20 città). Somma da versare alle Ffs per finanziare il nuovo stabilimento e acquisire una parte del terreno oBe. Quello che a prima vista sembra un mero passo formale, rappresenta invece un cambiamento di rotta di 180 gradi che invalida accordi precedenti all’11 dicembre 2017, data in cui fu sottoscritta da rappresentanti di Ffs, Consiglio di Stato e municipio la dichiarazione d’intenti, elaborata dallo stesso triunvirato senza informare e coinvolgere altri partner.
Ovvero quei rappresentanti delle maestranze e sindacali, enti di sviluppo locali che nel 2013 con lo stesso triunvirato avevano firmato la Convenzione che siglò la creazione della “Fondazione Centro di competenza mobilità sostenibile e ferroviaria”, che portò alla creazione dell’omonima Fondazione nel 2014. Accordi raggiunti dopo studi e lunghi negoziati, semplicemente invalidati dalla DI che riporta indietro le lancette del tempo al 2008. I parlamentari sono in una posizione scomoda: tra il classico “martello e incudine”. In ogni caso, checché votino, saranno sottoposti a dure critiche e additati quali responsabili indipendentemente dalla loro decisione. Se bocciano il Messaggio offrono alle Ffs la classica “foglia di fico” per delocalizzare, come minacciato dal Ceo Meyer. Se lo accolgono, saranno criticati perché lasciano briglie sciolte alle Ffs di fare ciò che vogliono cancellando 10 anni di lotte e accordi, con Cantone e comune a finanziare un terzo del nuovo impianto, senza tuttavia aver voce in capitolo su contenuti e localizzazione; la città riceverebbe 45 mila mq, dei 110mila occupati dalle attuali OBe, per realizzare un Parco tecnologico, insediamenti “abitativi, di servizio, culturali, amministrativi e commerciali di prossimità”, ma non centri commerciali, riservati alla sola area delle Ffs. Ma è davvero così? In realtà un rigetto non causerebbe nessun terremoto, peggiore di quello previsto dal “deal FfsGoverno Municipio” che comporta la drastica riduzione di posti di lavoro a partire dal 2026, lasciandone appena la metà degli attuali, e nessuna garanzia a lungo termine; con le Ffs libere di agire secondo le priorità della loro strategia aziendale, non più vincolate, come previsto dalla Convenzione a partecipare attivamente al Centro di competenza. E per di più con le spalle coperte dal consenso dei legislativi nostrani! Insomma spetta ai parlamentari fare ordine e chiarezza, prima di decidere. Per uscire dalla “palude” ed arrivare ad una decisione presa con cognizione di causa, converrà che i rappresentanti del sovrano sappiano agire con metodo, ovvero formulare il problema in modo corretto (considerando tutti gli eventi significativi: gli accordi sottoscritti da tutti gli attori, in primis la Convenzione). Per valutare la soluzione proposta dal progetto governativo, sarà necessario scegliere e adottare criteri adeguati. Fra questi due importanti: la “sostenibilità” nel tempo: il progetto aziendale assicura competitività sul mercato con nuovi prodotti e servizi per garantire un futuro duraturo in Ticino? Il secondo riguarda la “responsabilità sociale”: il progetto è attento alle esigenze di lavoratori sul territorio ticinese? Agendo in tal modo i parlamentari potranno facilitare il dibattito e prendere una decisione responsabile.