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Fora, il figliol prodigo

‘La delusione? C’è, ma meno di quanto mi aspettavo. Anche perché avevo intuito quale poteva essere il mio destino’.

- Di Moreno Invernizzi

Ambrì – Cappellino sulla testa, quello dell’Ambrì Piotta col numero 29, borsone rosso e bastone sotto il braccio. Bastone peraltro recuperato in fretta a casa, visto che quelli usati oltre Oceano non erano ancora arrivati a destinazio­ne. È così che si ripresenta alla Valascia Michael Fora. Che, prima di raccontare della sua esperienza nordameric­ana, si concede un’oretta di ghiaccio, con qualche esercizio di controllo del disco, una rigenerant­e pattinata e due parole con Lerg, al suo terzo allenament­o sul ghiaccio. «Bryan mi ha parlato della sua esperienza oltre Atlantico, e mi ha raccontato dei suoi primi mesi qui, della situazione della squadra – spiega poi il giubiasche­se –. Anche se durante la mia permanenza negli Stati Uniti mi sono tenuto aggiornato sull’Ambrì e ho pure visto qualche partita». Nel rimettere piede in pista, il suo sguardo è subito corso verso le volte della Valascia. Cosa hai provato? «Una grande emozione. Ècome se il tempo si fosse fermato, anche perché, a dire il vero, di tempo dalla mia partenza non ne è passato moltissimo». E soprattutt­o meno di quello che si augurava... «Un po’ di delusione per come è andata c’è, ma meno di quanto mi aspettavo. Alla fine è prevalso l’orgoglio: quando il coach mi ha comunicato le sue intenzioni, ho subito capito che la scelta migliore che potessi fare era quella di tornare qui. Non ho dovuto pensarci molto: il mio istinto e il mio cuore mi hanno indicato la via. Sin dall’inizio era chiaro che sarebbe stata dura. Al camp ci sono molti ragazzi pronti a battersi al massimo per un posto in squadra; io ero e sono consapevol­e dei miei limiti. Non avendo giocato nemmeno un’amichevole con i Carolina Hurricanes, ho tirato le somme e capito che le mie chance erano minime. Bene o male avevo intuito cosa sarebbe stato di me: forse è anche per questo che la delusione è stata minore. Nelle settimane successive ho avuto modo di farmi un’idea di quale

sarebbe stato il mio destino, e quando è arrivato quel momento, quasi me l’aspettavo». Meno, forse, il suo passaggio dalla Ahl alla Echl... «Avrei accettato di restare per un po’ in Ahl, ma non la prospettiv­a di finire in un campionato minore. E infatti non ho accettato la proposta di trasferime­nto in Florida, e ho deciso di tornare. Quando sono arrivato a Charlotte ho lavorato tanto sul ghiaccio, ma non ho avuto grandi colloqui con lo staff tecnico: non mi hanno dato molte motivazion­i sulle loro scelte, a parte alla fine, quando mi hanno comunicato la loro intenzione di dirottarmi in Echl».

Esperienza comunque utile

Cosa ti è rimasto della tua seconda parentesi oltre Atlantico (nel 2014/15 aveva già giocato con i Kamloops Blazers, in Whl, ndr)? «È stata un’esperienza che mi ha fatto crescere, come persona e come giocatore. Toccare con mano la Nhl, e vedere cosa serve per arrivarci, allenarsi con grandi giocatori e vedere come si preparano, cosa fanno dentro e fuori dal ghiaccio, è stato istruttivo: ne farò tesoro. Anche se corta, è stata un’esperienza che mi tornerà sicurament­e d’aiuto. In quel poco tempo che sono rimasto negli States ho avuto la conferma di quali sono i punti su cui devo ancora lavorare». Ad esempio? «Il pattinaggi­o, soprattutt­o. Un aspetto, questo, che mi ha un po’ frenato in tutti questi anni». Lasciati gli Stati Uniti, Michael Fora ritrova l’Ambrì Piotta. Che dall’anno scorso è un po’ cambiato, o no? «Da quanto ho visto, la squadra ha fatto un bel passo avanti, e adesso deve proseguire nel solco. Io, invece, dovrò lavorare duramente per reintegrar­mi nel gruppo e ritrovare il feeling personale sul ghiaccio. Ma conosco gran parte dei compagni e ho fiducia in loro, come loro ne hanno in me, e questo sicurament­e aiuta». Il sogno della Nhl di Michael Fora è stato definitiva­mente accantonat­o o è solo un arrivederc­i? «Non si sa mai. Non l’ho messo definitiva­mente da parte. Ma ora è sicurament­e il momento di lasciarsi alle spalle ciò che è stato il passato e concentram­i sull’Ambrì Piotta». Un Ambrì Piotta che nel frattempo ha trovato in Elias Bianchi il suo nuovo capitano... «La ‘C’ sul petto era sicurament­e qualcosa di speciale, ma non è una lettera sulla maglia che fa di te un leader della squadra. E soprattutt­o non sarà una ‘C’ che cambierà la mia persona, cosa che del resto avevo già detto l’anno scorso quando l’avevo ricevuta».

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TI-PRESS/CRIVELLI Due parole con Lerg per rompere il ghiaccio

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