Otto condanne per l’aggressione nella moschea
Il tribunale di Winterthur ha inflitto fino a 18 mesi di carcere a sette giovani
Otto condanne fino a 18 mesi, due assoluzioni e due giovani che dovranno lasciare la Svizzera: questa in sintesi la sentenza emessa ieri dal tribunale di prima istanza nei confronti di affiliati dell’ex moschea An’Nur di Winterthur giudicati per l’aggressione di due altri frequentatori del luogo di culto. Sul banco degli imputati erano comparsi agli inizi di ottobre otto giovani fra i 17 e i 24 anni d’età, un 54enne libico che fungeva da imam principale e il 49enne presidente dell’associazione che gestiva la moschea, per anni considerata un luogo di radicalizzazione islamica. Sette giovani frequentatori della moschea sono stati condannati a pene detentive con la condizionale frai6ei18 mesie in alcuni casi a pene pecuniarie, pure sospese, per una serie di accuse che comprendono il sequestro di persona, le lesioni personali, la coazione e le minacce. L’imam 54enne, che ha preso parte all’aggressione quando questa era già iniziata, è stato riconosciuto colpevole soltanto di sequestro di persona e condannato ad una pena pecuniaria con la condizionale di 180 aliquote. Per due imputati – un giovane afghano e un macedone – la Corte ha inoltre ordinato l’espulsione dalla Svizzera per sette anni. La sentenza non è ancora definitiva e può ancora essere impugnata davanti alle istanze superiori. L’ex presidente della moschea An’Nur è invece stato prosciolto da tutte le accuse, per non aver preso parte all’aggressione, e il tribunale gli ha riconosciuto un risarcimento di 18mila franchi. È stato prosciolto da tutte le accuse per mancanza di prove anche uno degli otto giovani. Pure a lui la Corte ha riconosciuto un risarcimento di 34’400 franchi per i sei mesi passati in detenzione preventiva. Le condanne sono complessivamente inferiori alle richieste della pubblica accusa, che al dibattimento aveva chiesto pene fino a tre anni di prigione in parte sospese. I difensori avevano invece chiesto il proscioglimento per tutti gli imputati. In una prima reazione, la procuratrice che ha sostenuto l’accusa si è detta soddisfatta. Il tribunale – ha detto – ha tenuto conto di tutti i capi d’accusa e ha dimostrato in tal modo che «non ci si può far giustizia da sé». I fatti risalgono al 22 novembre del 2016, quando due frequentatori della controversa moschea vennero picchiati e minacciati. Gli aggressori erano convinti che i due avessero trasmesso a un giornalista il testo di un controverso sermone tenuto un mese prima da un 25enne imam etiope. Il predicatore etiope aveva dichiarato che i musulmani che non pregano in comunità andrebbero «banditi, respinti, evitati e calunniati fino al loro ritorno». E nel caso dovessero perseverare con questo comportamento, andrebbero addirittura uccisi. Per quelle frasi, l’ex imam è stato condannato nel novembre di un anno fa a 18 mesi di detenzione con la condizionale e a 10 anni di espulsione dalla Svizzera.